Con Eleonora Duse inizia il Novecento

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Il teatro, come principale mezzo mediatico tra la fine dell’Ottocento e l’inizio  del Novecento, quando ancora cinema e televisione non erano presenti nella vita degli italiani, ha contribuito indubbiamente a modellare l’opinione comune e specialmente quella del ceto borghese che costituiva la maggior parte del suo  pubblico. Presentando un’immagine della donna che si allontana, anche minimamente, da quella tradizionale di madre e di moglie devota, il teatro ha partecipato al lento processo di emancipazione femminile, tramite il suo indiscutibile potere di influire sul pensiero degli spettatori.

Eleonora Duse ha avuto un ruolo centrale nella storia del teatro fra Otto e Novecento: intorno a lei si muoveva un mondo intellettuale ed artistico destinato a lasciare tracce significative nell’evoluzione dell’idea stessa di teatro. La sua carriera, che la rese famosa anche in Francia, in Russia, in Germania e negli Stati Uniti (dove morirà tragicamente nel 1924, a Pittsburgh), è contrappuntata da una serie di esperimenti interrotti perché non trovava mai l’optimum per la sua sete di perfezione spirituale.  Il suo stesso repertorio, così vasto ed eclettico, rispecchia l’evoluzione del teatro di questo periodo. Gli incontri umani e artistici che sfociano anche nel privato, la portano da Giovanni Verga, per il quale sarà la prima interprete di Cavalleria rusticana, ad Arrigo Boito, a Gabriele D’Annunzio (Francesca da Rimini, Gioconda, Il sogno di un mattino di primavera). Avrebbe dovuto essere anche la prima interprete de La figlia di Jorio, che ebbe invece come protagonista Irma Gramatica. E da qui la rottura con il poeta. A Eleonora Duse si deve infine l’introduzione di Ibsen sulle scene italiane: la sua interpretazione di Nora in Casa di bambola resta memorabile per la forte impressione suscitata nella critica italiana e straniera, come le successive rappresentazioni di Rosmersholm al Théâtre de l’Oeuvre di Parigi diretto da Lugné Poe, e al Teatro della Pergola di Firenze con le scene di Gordon Craig.

La “tragica sapiente”, come la definì Gabriele D’Annunzio, era convinta che occorrese modificare profondamente la situazione esistente delle giovani attrici a partire dalla mentalità e dall’educazione. Certa che l’attore più di ogni altro artista ha bisogno di cultura per poter intraprendere le svariate esistenze, nel 1914 tentò di organizzare, con i propri mezzi, una “Libreria delle Attrici” a Roma. L’iniziativa  della  Duse  era  nuova  e  per  certi  aspetti  rivoluzionaria  nell’Italia  dei  primi  anni  del Novecento, non soltanto per l’impegno sociale dimostrato dall’attrice, ma per l’interessante dibattito che questa operazione riuscì a suscitare nel mondo teatrale italiano dell’epoca. Per tutta la vita, Eleonora è stata circondata da presenze femminili, ammirata da donne oltre che da uomini, e ha avuto intime amicizie femminili. Con le giovani amiche che la accompagnano in questi anni, Eleonora amplifica il rapporto affettivo, fino a considerarle delle “vice figlie”. Le è molto vicina, nel progetto della Libreria, la poetessa Cordula – Lina Poletti, poco più che ventenne e già impegnata nei movimenti femministi. In questi anni, infatti, Eleonora frequenta alcune esponenti del nascente movimento come Matilde Serao o Alberta (Berta) Alberti, figlia dell’attrice Giovannina Aliprandi. E’ presente ai primi congressi femministi, ed entra in contatto con la contessa Gabriella Spalletti Rasponi, presidente del Comitato Nazionale delle Donne Italiane, che promette un appoggio all’iniziativa di Eleonora per la formazione di una Libreria delle Attrici. L’idea è quella di creare una Casa, un luogo dove le giovani attrici potessero trovare riposo e accoglienza, piena di libri e di luce, e soprattutto quindi la possibilità di leggere. La Libreria delle Attrici venne inaugurata nel maggio 1914, con una semplice e aristocratica cerimonia. Tutti gli artisti presenti a Roma accorsero, oltre ad un largo stuolo di giornalisti e amici, scrittori come Grazia Deledda e uomini di teatro come Marco Praga, Giovanni Rosadi e Edoardo Boutet. Purtroppo, dopo pochi mesi di vita, l’impresa fallì, la Libreria venne smontata nel febbraio del 1915, i libri regalati alla biblioteca delle maestre e i mobili inviati ai terremotati in Abruzzo.

La situazione politica era disastrosa. Nel marzo 1914 si era dimesso Giolitti, il Paese era scosso da forti tensioni sociali. Nell’agosto 1914, scoppiò la Prima Guerra Mondiale e l’Italia doveva decidere se intervenire o restare neutrale. Contro l’intervento erano Giolitti e la maggioranza dei parlamentari liberali, socialisti e cattolici. A favore gli irridentisti, i nazionalisti e il mondo studentesco e culturale. Nell’aprile del 1915 il governo trattò con gli alleati per il patto di Londra, che prometteva all’Italia l’annessione  del  Trentino,  dell’Istria  e  della  Dalmazia.  Nel  maggio  1915  l’Italia  dichiarò  guerra all’Austria e Ungheria e nell’agosto alla Germania.

Il  fallimento  della  piccola  impresa  tentata  da  Eleonora  Duse,  comunque,  non  diminuisce  il  valore dell’iniziativa e soprattutto della persona che ha avuto il coraggio di avviarla. E, come scrisse Luigi Pirandello, con il quale per molte ragioni l’attrice non ebbe mai un contatto artistico: “Eleonora Duse non fu mai e non poté mai essere semplicemente un’attrice”.

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Negli stessi anni in cui trionfava la Duse, Italia Vitaliani era una delle attrici più importanti del panorama teatrale italiano e non solo. Italia è la cugina di Eleonora Duse e tra le due ci sarà una rivalità sottile, silenziosa, mai ammessa, ma su cui spesso la stampa si butterà a capofitto. «Ti ho mandato l’altro giorno un giornale di Roma con l’annuncio di una grande tournée di Italia Vitaliani all’Argentina: Suor Teresa, Maria Stuarda, Debora… La nostra giovinezza non vuol morire… Ma noi non siamo a Roma!» scrive Marino Moretti a Aldo Palazzeschi da Cesenatico il 31 agosto 1919.

Per molti, Italia supera in bravura Eleonora ma subisce la presenza carismatica della celebre cugina sui palcoscenici, anche perché condividono  il  repertorio  “moderno”  e una recitazione  naturale  e poco formale.  Italia è brava a tal  punto che nelle pagine della rivista «L’Arte drammatica» nel 1893, rappresenterà la «nuova scuola nel teatro drammatico» insieme a Anna Pedretti, la stessa Eleonora Duse, Lina Diligenti, Teresa Mariani, Irma ed Emma Gramatica, Virginia Reiter. Viene soprannominata la “Principessa d’Orange” o anche il “sergente di ferro”: Italia infatti non parla molto e possiede carisma, una ferrea disciplina e un totale rispetto per il palcoscenico. Nel 1892 dirige come capocomico la Drammatica Compagnia.  La compagnia teatrale ottocentesca è una vera e propria impresa gestita da un capocomico  che  spesso  è  il  primo  attore,  il  direttore.  È  lui  che  amministra  le  paghe,  decide  il repertorio, gode del favore del pubblico per la sua bravura, ma su questo ruolo gravano anche le responsabilità amministrative ed economiche. La Vitaliani è una delle prime donne a rivestire il ruolo di capocomico. È determinata ed esige disciplina, rispettosa del palcoscenico e del pubblico, generosa e esigente a tal punto che quando si parla di lei si dice: «Signorina voi siete un perfetto gentiluomo». Italia  porta in scena Maria Stuarda, Hedda Gabbler, Elisabetta d’Inghilterra, donne diverse che rappresenta cercando di evidenziare la loro umanità. Così come la Duse, anche Italia ha grande fama all’estero: in Russia, in Spagna e in America del Sud è amata ed applaudita. Nel 1920, alla morte di Luigi Rasi, viene nominata direttrice della Reale Scuola di recitazione di Firenze.