Giovanna D’arco, la Pulzella d’Orleans

(Jeanne d’Arc o Darc). Santa, detta la Pulzella d’Orléans (Domremy 1412-Rouen 1431). Nata da famiglia di contadini (è destituita di fondamento l’ipotesi che la Pulzella fosse una discendente illegittima del casato d’Orléans), cresciuta senza educazione, non seppe mai né leggere né scrivere. La madre Isabella Romée le insegnò solo le orazioni. Secondo la tradizione a 13 anni Giovanna d’Arco udì per la prima volta voci misteriose che la invitavano a correre in aiuto del re di Francia. Armagnacchi e Borgognoni si contendevano in quel periodo il trono del Paese. Questi ultimi avevano invocato l’aiuto degli Inglesi che ad Azincourt con Enrico V sconfissero i Francesi e ancora una volta rivendicarono pretese al trono (vedi guerra dei Cent’anni). Nel lunghissimo conflitto che ne seguì, gli Inglesi occuparono Parigi e assediarono Orléans. Qui si inserisce la storia di Giovanna d’Arco che, dopo aver resistito per tre anni alle “voci” dell’arcangelo Michele, di Santa Caterina e di Santa Margherita, nella fede che la Francia attendesse da lei la salvezza, fuggì da casa e si recò (maggio 1428) a Vancouleurs, piazzaforte degli Armagnacchi, dove sperava di incontrare Carlo VII. Ricevuta dal capitano Baudricourt venne fatta esorcizzare, ma la sua fede convinse altri gentiluomini e nel gennaio 1429 Giovanna fu mandata a Chinon, dove Carlo VII viveva con la sua corte e dove egli si nascose tra i cortigiani per non farsi riconoscere. Giovanna lo individuò immediatamente, si inginocchiò davanti a lui e lo convinse del suo buon diritto a cingere la corona di Francia, fugando i dubbi sulle sue origini regali, causati dalla vita non certo esemplare della madre Isabella di Baviera. Sottoposta a un giudizio di dottori della Chiesa a Poitiers, Giovanna superò la prova. Dettò una lettera per gli Inglesi, offrendo loro la pace e invitandoli a lasciare la Francia; corse quindi in aiuto di Orléans in testa alle truppe e liberò la città l’8 maggio 1429. Il 18 giugno gli Inglesi furono nuovamente sconfitti a Patay. Giovanna non impugnò mai la spada, ma solo uno stendardo bianco ornato dei gigli di Francia e di immagini sacre. L’entusiasmo del popolo toccò anche Carlo VII, che il 17 luglio venne consacrato sovrano in Reims, dopo che altre roccaforti si erano arrese alle sue truppe. L’irresolutezza del sovrano non consentì tuttavia a Giovanna di continuare vantaggiosamente la lotta e dopo l’insuccesso all’attacco di Parigi (8 settembre 1429), in cui venne ferita a una coscia, nella primavera successiva (23 maggio) assediata in Compiègne, Giovanna tentò una sortita e, per proteggere i suoi, si lasciò catturare. Venduta a Giovanni di Lussemburgo e infine agli Inglesi, tentò due volte la fuga, ferendosi gravemente. Tutta la Francia invocava Carlo perché corresse in aiuto della Pulzella e, mentre il re taceva, l’Università di Parigi la reclamò per processarla come eretica. Gli Inglesi preferirono farla processare a Rouen, dove si sentivano più sicuri. Al tribunale ecclesiastico presiedette il vescovo di Beauvois, Pierre Cauchon, nemico dichiarato della Pulzella. Sedici interrogatori (dal 21 febbraio al 9 maggio) non scossero la fede di Giovanna che, ingannata, firmò l’abiura. Condannata dapprima alla prigione perpetua e a pane e acqua, venne nuovamente giudicata per eresia grazie a un altro inganno ordito da Cauchon. Il 30 maggio 1431 fu bruciata sul rogo nella piazza del mercato vecchio di Rouen. Morì invocando Gesù. Lo stesso Cauchon non seppe trattenere la commozione. Gli Inglesi fecero buttare le ceneri di Giovanna nella Senna, per impedire che un culto delle sue spoglie ne favorisse la mitizzazione. L’apparire di false Giovanna fece nascere leggende sulla sua sopravvivenza. Carlo VII nel 1450 compì il suo unico atto di riconoscenza: conquistata Rouen, fece condurre un’inchiesta che si concluse con la riabilitazione della Pulzella (1456) dopo l’autorizzazione di papa Callisto III. Nel 1909 Giovanna venne beatificata da Pio X e nel 1920 proclamata santa da Benedetto XV.

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