Mishima – Una stanza chiusa a chiave Scarica il Pdf
Classe 1925, decide di porre fine alla sua vita nel 1970 in un modo assolutamente giapponese: seguendo l’antico cerimoniale del seppuku (il famoso harakiri) praticato dai samurai. Un modo di morire efferato, violento ma elegante: come tradizione vuole si sventrò per poi farsi decapitare da un suo fedele amico.
Prima di togliersi la vita, Mishima era riuscito a creare un piccolo esercito per restituire, andando contro la Costituzione Giapponese, autorità assoluta all’imperatore.
Una stanza chiusa a chiave è ugualmente agli occhi di un occidentale: folle, violento, deviato. Ma è superficiale fermarsi a questo. La stanza chiusa a chiave diventa simbolo di mancanza di via d’uscita. Nel caso in cui la chiave è stata girata da qualcun altro: essere prigionieri di una situazione non per propria scelta.
Allo stesso tempo diventa luogo fuori dal tempo che permette, in un mondo spersonalizzante, di evadere e trasgredire.
Kazuo Kodama, il protagonista, immerso in un’esistenza grigia e monotona, diventa amante di una donna sposata. Il loro mondo prende forma quando Kiriko chiude la porta. Quando lei morirà prenderà il suo posto Fusako la figlia di nove anni. Sarà lei a chiudere la porta a chiave.
Sarà che sono fissato ormai, ma c’è molto del Giappone postbellico: che vive, dopo la sconfitta, la dualità tra tradizione e la via apparentemente irrinunciabile dell’evoluzione occidentale. La generazione di Mishima e Kawabata è quella che maggiormente sembra averne sofferto.
L’accettazione seppur dolorosa di Kawabata è uguale a contraria alla rabbiosa e tormentata guerra che dichiara Mishima.
In questo libro è questo che conta, non la trama. E’ talmente breve che passa in un soffio. Rimane però ostinato un senso di dolore e vuoto.