Gambe, piedi e calze fruscianti di Elmer Batters, un pioniere della fotografia e del feticismo. — tramineraromatico
Nato nel 1919 e morto nel 1997 ha iniziato a fotografare gambe, piedi e calze di seta e nylon verso la fine degli anni cinquanta per raggiungere fama e successo a partire dal decennio successivo. Maestro nella raffigurazione della sensualità con forti connotati di feticismo il suoocchio era inesorabilmente attirato dall’arco di un piede, da […]
Patrizia Valduga – Vieni, entra e coglimi
Vieni, entra e coglimi, saggiami provami…
comprimimi discioglimi tormentami…
infiammami programmami rinnovami.
Accelera… rallenta… disorientami.
Cuocimi bollimi addentami… covami.
Poi fondimi e confondimi… spaventami…
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami… ardimi bruciami arroventami.
Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgominami poi sgomentami…
dissociami divorami… comprovami.
Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra… riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.
Il sesso è la più splendida forma di piacere che Dio abbia regalato agli uomini. Sporcata però, e a volte considerata obbrobriosa, dalla cultura del potere che governa ogni società. Tinto Brass, Elogio del culo, 2006
Octavio Paz – Toccare
Palpar
Mis manos
abren las cortinas de tu ser
te visten con otra desnudez
descubren los cuerpos de tu cuerpo
Mis manos
inventan otro cuerpo a tu cuerpo.
Toccare
Le mie mani
aprono la cortina del tuo essere
ti vestono con altra nudità
scoprono i corpi del tuo corpo
le mie mani
inventano un altro corpo al tuo corpo.
German Stepanovič Titov: doveva essere lui il primo uomo a volare nello spazio
Grazie a Federico Bernardini che ha coniato questo articolo … sono onorata di proporvelo 😀
“Io credo nell’Uomo, nella sua forza, nelle sue possibilità e nella sua razionalità” (German Stepanovič Titov)
L’11 settembre del 1935 nasceva a Polkovnikovo, nell’Unione Sovietica, German Stepanovič Titov, entrato nella storia per essere stato, a bordo della navicella Vostok 2, il secondo uomo a volare nello spazio ma, come vedremo, sarebbe dovuto essere il primo. Era il 6 agosto del 1961 e quella data, allora avevo otto anni, rimarrà per sempre impressa nella mia memoria.
Si era allora in piena “Guerra Fredda” e la competizione tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti era ai massimi livelli, in tutti i campi.
Per i Sovietici precedere gli Americani nella corsa allo spazio era un punto d’onore e in quell’impresa essi impegnarono ogni risorsa economica, scientifica e tecnologica, mettendo in campo i loro uomini migliori.
Un’impresa di grande importanza politica, militare e propagandistica, densa di contenuti simbolici: il primo uomo a orbitare intorno…
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L’uomo, giunto al termine della civilizzazione, dovrà ritornare alla nudità: non alla nudità inconsapevole del selvaggio, ma a quella conscia e riconosciuta dell’uomo maturo, il cui corpo sarà l’espressione armoniosa della sua vita spirituale. Isadora Duncan, Lettere dalla danza, 1928 (postumo)
Tinto Brass. Così fan tutte
Goditi “Così fan tutte” on line
GENERE: Erotico
REGIA: Tinto Brass
SCENEGGIATURA: Tinto Brass, Francesco Costa, Bernardino Zapponi
ATTORI:
Claudia Koll, Paolo Lanza, Franco Branciaroli, Ornella Marcucci, Maurizio Martinoli, Rossana Di Pierro, Isabella Deiana, Lucia Lucchesino, Renzo Rinaldi,Pierangela Vallerino, Marco Marciani, Jean Rene’ Le Moine, Luciana Cireni
FOTOGRAFIA: Massimo Di Venanzo, Silvano Ippoliti
MONTAGGIO: Tinto Brass
MUSICHE: Pino Donaggio
PRODUZIONE: ACHILLE MANZOTTI E GIOVANNI BERTOLUCCI PER SAN FRANCISCO FILM, FASO FILM
DISTRIBUZIONE: ARTISTI ASSOCIATI – MANZOTTI HOME VIDEO, BMG VIDEO (PARADE)
PAESE: Italia 1991
DURATA: 120 Min
FORMATO: Colore
VISTO CENSURA: 18
Dice un grande filosofo e sociologo, di nome Herbert Marcuse: ‘la differenza tra erotismo e pornografia è la differenza tra sesso celebratorio e sesso masturbativo’. Tinto Brass, è il più conosciuto tra i registi erotici della nostra Penisola. Dopo una serie di commedie incentrate sulla satira antiborghese, il Tinto nazionale, si dedicò e ancora oggi continua a farlo, alla scoperta del corpo femminile, in tutti i suoi sensi possibili. Dopo il successo(e lo scalpore) de ‘La chiave’, ad oggi il suo miglior film, i due mezzi fallimenti in ‘Capriccio’ e ‘Miranda’, e dopo il divertente ‘Paprika’, Brass rilegge in chiave erotica e moderna l’opera di Wolfgang Amadeus Mozart, ‘Così fan tutte’. Claudia Koll(che prima di diventare fan della Chiesa Cattolica, diveniva grazie a questa pellicola, discretamente famosa), è felicemente sposata con un uomo che la ama e la rispetta. Ma ciò non può bastare a soddisfare i suoi impulsi sessuale, e la donna si sente oppressa da questo desiderio incessante, finchè non trova il modo di soddisfarlo senza nemmeno sentirsi in colpa nei confronti del marito: lo cornifica e poi gli racconta le sue scappatella, ma lo fa, facendo credere a questo che ciò che gli racconta siano solo fantasie e che non sia mai successo nulla. Ma quando il marito, scoperti alcuni lividi sul corpo della Koll, si convince che lei lo tradisce non esita a lasciarla per un periodo di tempo. Salvo poi tornare sui suoi passi. Tra i film meglio riusciti del regista veneto, ‘Così fan tutte’ è un divertente e divertito carosello di abitudini sessuali più o meno ‘sane’, vero e proprio inno al lasciarsi possedere dai propri desideri e dai propri impulsi. A differenza di altre pellicole dell’autore, molto più volgari e meno riuscite, questo film si mantiene ancora dalle parti dell’erotismo, senza andare a parere in zone ben più scabrose. Intendiamoci, il film non è che sia quel gran capolavoro. Ma a suo modo, è diventato un cult del genere e un punto di partenza ideale nella filmografia di Brass. L’occhio di Tinto si sofferma sulle grazie dell’attrice, la scruta, la spia, con il solito fare da voyeur che contraddistingue da sempre la macchina da presa del regista. Non manca un pizzico di critica all’istituzione del matrimonio, colpevole di aver negato a livello erotico, la possibilità di essere completamente soddisfatti. Solo grazie alla trasgressione, l’essere umano sente di aver appagato un proprio desiderio, in ogni modo possibile e immaginabile. Ed ecco qui che la protagonista prova diverse strade, dall’auto-erotismo, al sesso tradizionale, al sadomaso. Importante come sempre nel cinema di Tinto Brass è l’uso della musica e dei colori. Qui non c’è l’esplosione che c’è in altre pellicole, ma comunque la colonna sonora ben si adatta e i colori risaltano allo sguardo attento, come sgargianti e in un certo senso provocatorio. Ed è proprio la provocazione ciò su cui si basa ‘Così fan tutte’. Siamo nel 1992, ancora il sesso è un argomento tabù, e un film del genere diventa una gran cosa per i puritani, e un insulto per i moralisti e i bigotti. E figuriamoci per le femministe, poiché il film(ma c’è da dire che lo faceva anche l’opera di Mozart), non dà un’immagine della donna, come dire, che fa onore. Una provocazione ben riuscita, visto che a distanza di tempo ancora il film viene ricordato come una delle commedie erotiche più riuscite dell’autore e anche della storia di questo tipo di cinema in Italia. Da qui in poi, Brass, salvo alcuni spiragli di luce, comincerà una fase discendente ancora, purtroppo, non conclusa.
La stupidita’ e’ spesso ornamento della bellezza; e’ la stupidita’ quella che da’ agli occhi la limpidezza opaca degli stagni nerastri, la calma oleosa dei mari tropicali. Baudelaire
Lawrence David Herbert – Gioventù vergine
Virgin Youth
Now and again
All my body springs alive,
And the life that is polarised in my eyes,
That quivers between my eyes and mouth,
Flies like a wild thing across my body,
Leaving my eyes half-empty, and clamorous,
Filling my still breasts with a flush and a flame,
Gathering the soft ripples below my breasts
Into urgent, passionate waves,
And my soft, slumbering belly
Quivering awake with one impulse of desire,
Gathers itself fiercely together;
And my docile, fluent arms
Knotting themselves with wild strength
To clasp-what they have never clasped.
Then I tremble, and go trembling
Under the wild, strange tyranny of my body,
Till it has spent itself,
And the relentless nodality of my eyes reasserts itself,
Till the bursten flood of life ebbs back to my eyes,
Back from my beautiful, lonely body
Tired and unsatisfied.
Gioventù vergine
Di quando in quando
tutto m’ansima il corpo
e la vita mi appare negli occhi,
tra essi vibrando e la bocca
giù selvatica discende per le membra
lasciando gli occhi miei svuotati tumultuanti
e il petto mio quieto colma d’un fremito e un calore;
e giù per le snelle ondulazioni sottostanti
che onde diventan pesanti, di passione gonfie
e il ventre mio placido e sonnolento
all’istante ribelle si desta bramoso,
eccitato sforzandosi e attento,
mentre le tenere braccia abbandonate
con forza selvaggia s’incrociano
a stringere – quel che non hanno stretto mai.
E tutto io vibro, tremo e ancora tremo
finché la strana potenza che il corpo mi scuoteva
non svanisce
e nobile non risorge l’ininterrotto fluire della vita
nella durezza implacabile dei miei occhi,
non risorge dalla bellezza solitaria del corpo mio
esausto e insoddisfatto.
Paul Verlaine. Biglietto a Lily
Billet à Lily
Ma petite compatriote,
M’est avis que veniez ce soir
Frapper à ma porte et me voir.
Oh la scandaleuse ribote
De gros baisers – et de petits,
Conforme à mes gros appétits!
Mais les vôtres sont-ils si mièvres?
Primo, je baiserai vos lèvres
Toutes! C’est mon cher entremets,
Et les manières que j’y mets,
Comme en toutes choses vécues,
Sont friandes et convaincues.
Vous passerez vos doigts jolis
Dans ma flave barbe d’apôtre
Et je caresserai la vôtre,
Et sur votre gorge de lys,
Où mes ardeurs mettront des roses,
Je poserai ma bouche en feu;
Mes bras se piqueront au jeu,
Pâmés autour de bonnes choses
De dessous la taille et plus bas, –
Puis mes mains, non sans fols combats
Avec vos mains mal courroucées,
Flatteront de tendres fessées
Ce beau derrière qu’étreindra
Tout l’effort qui lors bandera
Ma gravitè vers votre centre…
A mon tour je frappe. O dis: Entre!
Biglietto a Lily
Mia piccola compatriota
credo che verrete stasera
a bussare alla mia porta e vedermi,
oh la scandalosa bisboccia
di baci grossi e piccoli
secondo i miei grossi appetiti!
Ma i vostri son poi così esili?
Primo, bacerò le vostre labbra,
tutte, come un caro piatto di mezzo,
e i modi che impiegherò,
come in tante cose vissute,
sono ghiotti e convincenti!
Passerete le vostre belle dita
nella mia fulva barba d’apostolo,
mentre accarezzerò la vostra.
E sulla vostra gola di giglio,
dove i miei ardori metteranno rose,
poserò la mia bocca in fuoco.
Le mie braccia si ostineranno al gioco,
estasiate attorno a buone cose
di sotto la vita e più giù ancora.
Poi le mani, non senza folli lotte,
con le vostre mani mal adirate
blandiranno con tenere sculacciate
quel bei sedere che stringerà
tutto lo sforzo che allora tenderà
la mia gravita verso il vostro centro.
Busso a mia volta. Oh dimmi: Entra!
Piacere. Emozione generata da un vantaggio personale o da uno svantaggio altrui. Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo, 1911
La femminilità secondo Simone de Beauvoir
Tutti sono d’accordo nel riconoscere che nella specie umana sono comprese le femmine, le quali costituiscono oggi come in passato circa mezza umanità del genere umano; e tuttavia ci dicono “la femminilità è in pericolo”; ci esortano: “siate donne, restate donne, divenite donne”. Dunque non è detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna; bisogna che partecipi di quell’essenza velata dal mistero e dal dubbio che è la femminilità.
Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, 1949
A te Fumatrice Orgasmica, Auguri!!!!!!!!
Eva straordinaria,
ninfa di frontiera
intenta al sentiero
oltre le acque e le iperboliche orbite
di pagine intrise di sapere,
alla ricerca di un equilibrio
in bilico tra passione e ampio respiro.
Di carta vestirai il genio
e raggiungerai una cometa
con lo sguardo fisso alla tua nebula.
Impegno e dedizione
alla ricerca di tessere di mosaico carnale
nei tuoi giorni a covoni elargirai,
mai sola nell’intima oasi.
Satyricon di Federico Fellini
Goditi il Satyricon on line
GENERE: Drammatico
REGIA: Federico Fellini
SCENEGGIATURA: Federico Fellini, Rodolfo Sonego, Bernardino Zapponi
ATTORI:
Joseph Wheeler, Max Born, Lucia Bosé, Alain Cuny, Hiram Keller, Danika La Loggia, Elisa Mainardi,George Eastman, Gordon Mitchell, Magali Noël, Martin Potter, Salvo Randone, Capucine, Mario Romagnoli,Giuseppe Sanvitale, Hylette Adolphe, Fanfulla
FOTOGRAFIA: Giuseppe Rotunno
MONTAGGIO: Ruggero Mastroianni
MUSICHE: Ilhan Mimaroglu, Tod Dockstader, Andrew Rudin, Nino Rota
PRODUZIONE: ALBERTO GRIMALDI PER LA PEA/PRODUZIONI EUROPEE ASSOCIATE
DISTRIBUZIONE: PEA (1983) – RICORDI VIDEO, PANARECORD
PAESE: Francia, Italia 1969
DURATA: 138 Min
FORMATO: Colore TECHNICOLOR PANAVISION
ISPIRATO AL ROMANZO DI GAIO PETRONIO ARBITRO
“Fellini – Satyricon” è un film magistrale le cui qualità essenziali risiedono nella coralità di costume dei personaggi e nello spessore letterario-cinematografico della narrazione.
Fellini gira un film fuori dal comune, calandosi in un genere come quello letterario latino di ardua realizzazione. La pellicola passerà alla storia del cinema come una delle rare opere filmiche d’autore che prendono spunto dagli antichi romanzi dell’impero romano.
“Fellini-Satyricon” è un film capace di fare spettacolo, di divertire, e nello stesso tempo trasmettere messaggi metaforici di alto valore comunicativo, in particolare quelli di carattere filosofico e letterario, che sono sempre ben vivificati dai pensieri più esistenziali di Fellini e ispirati dall’esperienza stessa della sua vita, complessa e contraddittoria, cattolica e laica, artistica e discutibilmente licenziosa, ma continuamente sottoposta al vaglio di una introspezione leggera e intelligente, ironica e sapiente nello stesso tempo.
La narrazione è molto originale, unica nello stile, scorrevole, senza pause espressive, ricca di una vitalità boccaccesca di difficile realizzazione, con una fotografia che rasenta per coerenza stilistica, composizione, associazioni di colori, la perfezione stessa dell’arte filmica nell’epoca del cinema moderno.
Fellini come non mai sale decisamente in cattedra proponendo, anche nelle scene più costruite, artificiose, un modello di raffinatezza scenografica sbalorditivo.
Ma, com’era di consuetudine con tutte le opere di Fellini, la critica, il pubblico e gli studiosi più diversi hanno dibattuto animatamente su questo film soprattutto sulla questione: “capolavoro si, capolavoro no, opera prima o opera seconda?” che anziché contribuire a dare più obiettività all’analisi della pellicola hanno finito per creare delle vere e proprie contrapposizioni di pensiero, sterili, finemente dogmatiche, concettualmente chiuse che alla lunga sono andate a discapito dell’opera stessa, cioè dell’acquisizione su di essa di un sapere filmico primario, essenziale, aperto, frutto di un equilibrio e una serenità di giudizio.
L’analisi su questo film è rimasta quindi largamente incompiuta, soprattutto per quanto riguarda la comprensione della logica più di fondo racchiusa nei simboli e nei significanti visivi del film.
Il film è uscito nel 1969, in un contesto culturale fervido e ricco di novità radicali sui modus vivendi della società italiana, un periodo animato da grandi contestazioni al sistema economico e istituzionale del paese. Proteste intense, competenti, coerenti, anche violente, avvalorate e sostenute da un sociale che andava velocemente modificandosi nei suoi costumi più noti e radicati, sulla scia di una crisi dei tradizionali valori politici e ideologici che era senza pari dal dopoguerra, e che lasciava spazio a ideologie e valori di portata decisamente rivoluzionaria.
Tutto ciò ha avuto un riverbero sul “Fellini-Satyricon“, riscontrabile nel tono stesso della narrazione filmica, nel suo linguaggio verbale dalle cadenze assordanti sempre teso e diretto, esplosivo, continuamente sul filo del conflitto drammatico e pronto a piegarsi anche in un teatrale smascherato, reale, non più finto, esistenzialmente moderno capace di togliere ogni dubbio sull’intento felliniano di non voler riprodurre l’opera di Petronio in un modo fedelmente antico: nella forma tipica del periodo imperiale.
Un riverbero leggibile nel film nelle azioni più frenetiche e passionali, trasgressive e tendenti al subbuglio sovvertivo di un’autorità immaginaria, non precisata, ma ben presente nella fantasia dei due protagonisti Ascilto ed Encolpio.
Fellini si è ispirato liberamente alla omonima opera del 60 d.c. attribuita allo scrittore latino Petronio Arbitro, un libro romanzo di genere avventuroso-erotico, scritto in latino e ambientato a Pozzuoli e Crotone, un testo di impossibile ricostruzione, incompleto, giuntoci in modo lacunoso, con meccanismi letterari difficili da comprendere perché frammentari, e una scrittura smagliata da dove emergono profili di personaggi incerti, le cui identità appaiono sempre in sospeso, indeterminate, lasciando all’oscuro tutte le loro peculiarità più profonde.
Il film è ambientato nella Roma imperiale, in una città in piena decadenza morale e sociale; la prima parte della narrazione si svolge nella zona della famigerata Suburra delle terme dell’Insuleta Felicles, luogo di molte dissolutezze e ritrovo di sventurate, indigenti persone.
I protagonisti sono Ascilto (Hiram Keller) ed Encolpio (Martin Potter), due giovani letterati dalle tendenze sessuali più diverse, amanti della vita libera e avventurosa, sempre alla ricerca di ambienti e situazioni fertili di passioni, luoghi straordinari a volte belli spadroneggiati da ricchi viziosi a volte squallidi ma animati da desideri estremi, irrefrenabili, alimentati soprattutto dall’indigenza dei personaggi, luoghi dove i due mettono a disposizione la loro bellezza e la soverchiante astuzia letteraria per intrecciare relazioni dalle passioni senza precisi confini.
I due letterati si invaghiscono dell’efebo Gitone (Max Born), dalla bellezza delicata, soffice e quasi femminea, le cui attrattive estetiche vengono in principio divise dai due finché Gitone al termine di varie peripezie, costretto a una scelta da Ascilto, decide per quest’ultimo.
Encolpio deluso, prosegue i suoi viaggi senza meta, conosce il poeta Eumolpo (Salvo Randone) e diverrà erede della sua poesia; si sposerà con Lica (Alain Cuny), un omosessuale raffinato al servizio del tiranno di Taranto, che lo rapisce su una spiaggia mentre sogna portandolo a bordo di una nave dall’aspetto funebre, squadrata, surreale insieme ad altri giovani destinati a procurare piaceri carnali e sportivi (come la lotta libera all’ultimo sangue) all’imperatore tarantino.
Sfuggito da Lica, che verrà ucciso da soldati ribellatisi alla dittatura tarantina, Encolpio diventa oggetto di una burla, viene costretto a combattere in un labirinto con un uomo mascherato da Minotauro (Luigi Montefiori). Quando il giovane ha la peggio chiede grazia, viene salvato ma fallisce poi nella prova di dimostrazione di potenza sessuale con Arianna. Encolpio diventa allora oggetto di assordanti risate dalla corte e dal pubblico: la burla allo straniero inaugurava infatti le celebrazioni dell’anno in nome del Dio Riso.
Encolpio ritrova la sessualità perduta con una specialista del caso Enotea (Donyale Luna), con cui ha un magico amplesso, ma perde Ascilto che aveva ritrovato insieme a Gitone nella nave di Lica: il suo amico viene ucciso da un misterioso soldato.
Morto il poeta Eumolpo, che nel frattempo era diventato ricco e famoso, Encolpio assiste alla lettura del suo testamento, che prevede si il lascito dei suoi beni agli eredi ma soltanto per chi mangerà il suo corpo, una pratica allora molto diffusa in alcune regioni dell’impero romano. Encolpio rifiuta il macabro banchetto e parte con la nave appartenuta ad Eumolpo verso nuovi lidi, in Grecia, imbarcandosi sul bastimento come un semplice uomo dell’equipaggio.
Da sottolineare ancora altre scene, come quella del giovane ermafrodito (Pasquale Baldassarre), che viene rapito dai due giovani insieme a un predone (Gordon Mitchell) per sfruttare i suoi poteri di guarigione, ma il ragazzo morirà dal caldo durante il trasporto; poi le succulente scene del banchetto con Trimalcione (Mario Romagnoli), il commovente suicidio per debiti del patrizio (Joseph Wheeler) che prima della confisca dei suoi beni scioglie i suoi schiavi dal vincolo della schiavitù, l’incontro nella sua sontuosa villa dei due giovani Encolpio e Ascilto con la bella e giovane di colore con la quale i due giovani si eserciteranno in lunghi giochi d’amore, il racconto della bella e virtuosa vedova che impicca il marito morto per salvare l’amante vivo posto a guardia di un impiccato il cui corpo verrà rapito dai parenti durante le effusioni d’amore del giovane soldato con la vedova.
Per finire da evidenziare anche la scena-teatrale con l’attore Vernacchio (Fanfulla) da cui Encolpio riacquista Gitone venduto da Ascilto a Vernacchio per trenta denari.
Mariangela Melato: il volto dell’arte dall’Orlando furioso a Filumena Marturano.
Mariangela Melato ha lasciato la vita terrena ma c’è già l’immortalità che l’ha accolta, quella dell’arte: diverse sono le muse che se la contenderanno chi per la commedia, chi per la tragedia, chi per la danza, chi per la storia come Clio. Tutti formati, registri e stilii che Mariangela Melato ha portato con sé in quei 71 anni di lunga e forte carriera. Ha cominciato come pittrice e vetrinista alla Rinascente e poi i palcoscenici non li ha abbondati più quelli del teatro di Orestea o dell’Orlando Furioso diretto da Luca Ronconi, poi quelli filmati, i set, dove da un ruolo all’altro ha raccontato un’Italia del boom, quella classista e quella che si spacca la schiena per vivere. E mentre lo faceva, intanto, con l’aura del talento, ha insegnato recitazione anche a chi non voleva mai fare l’attore. Impossibile non notare la sua bravura, quella calamita che scatta in chi ha dentro il campo magnetico di tutte le emozioni umane e lo trascina fuori da sé per farci capire le forze della vita.
Quando una persona va via è impossibile non ricordarsi del volto, e sarà ancora più impossibile con Mariangela Melato. Lei non aveva il volto classico dell’attrice, era un volto spigoloso, intenso, con i tratti teutonici e meneghini quelli di padre e madre. Un volto spiazzante come lo è stato quello di Anna Magnani o come lo è quello di Monica Vitti. Ed è proprio con un volto che ha saputo restituire le mille facce dell’Italia nelle sue sfumature. Con quel viso ha fatto il grandissimo teatro: recuperare, ad esempio, l’Orlando Furioso passato anche in tv e qualche volta trasmesso di notte, è cosa buona e giusta. Con quel volto è stata Raffaella Pavone Vanzetti classista e viziata in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto di Lina Wertmüller che nonostante l’amore, scappa in elicottero da ricchi. Poi quel volto si è scurito per fare Lidia, l’amante di Lulù (Volonté) ne La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, 112 minuti di storia italiana del cinema e non, come il surreale Todo Modo, sempre diretto da Petri e sempre con una incredibile Mariangela Melato. E poi ha parlato di emancipazione femminile nella commedia La poliziotta di Steno, la donna incrollabile che cambia il suo nome in Giovanna, in onore di Giovanna d’Arco, e diventa vigilessa in una società maschilista. Ovviamente oltre alla memoria collettiva, a ricordare la sua forza c’è una bacheca di David di Donatello e Nastri d’argento bella robusta. I più grandi del cinema italiano l’hanno voluto per le loro opere.
Con quel volto ha lasciato l’ultima sua testimonianza audiovisiva in Filumena Marturano, andato in onda il primo gennaio 2013 su Rai Uno, e con grazia e intenzione ha ricordato che «i figli sono figli». Anche i figli dell’Arte vanno via, ma il loro volto è anche il volto dell’arte come quello di Mariangela Melato.