Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe).Parte 28

Ce n’è dunque per tutti: la condanna della fantasia femminile, ma anche della masturbazione e persino di chi ha polluzioni notturne (ma che colpa ne ha?); c’è un preciso riferimento alle streghe e un atto di deferenza nei confronti del Malleus Maleficarum.

Il libro è però diretto alle ostetriche, padrone di ogni sortilegio e di ogni stregoneria, maestre dell’uso delle erbe e delle pozioni. E così il capitolo termina con una storiella, che racconta di una donna che riesce nella difficile battaglia di abbandonare il suo scellerato commercio con il demonio portandosi sempre addosso un’erba mirabilante: “e se la mia commare desidera saper come habbi nome quella herba, le dico che ha nome Caccia Diavoli”.

 Immagino che molte ostetriche e molte donne conoscessero queste erbe, e che abbiano molto goduto nel vederle consigliare da un uomo di cultura. L’erba (che si chiama anche Erba di san Giovanni Pilatro) è l’iperico (Hypericum perforatum, della famiglia delle Hypericacee) è indicato nella leggenda come l’erba della quale si nutriva Giovanni Battista. A dire il vero, Giovanni si nutriva di miele e di locuste, ma nella Bibbia “akron” indica sia l’insetto che la pianta sulla quale la locusta si posa. Nel medioevo, molte ragazze dormivano con un mazzolino d’iperico sotto il cuscino, sia nella convinzione di ricevere una protezione da Giovanni Battista, sia perché a quest’erba è stata attribuita la capacità di cacciare i fantasmi (e, per analogia, i demoni). L’iperico è stato usato in medicina in molte e differenti circostanze, come antivirale, antibatterico, antidepressivo e in moltissime altre condizioni morbose. L’unico effetto collaterale di quest’erba è la possibilità di aumentare la sensibilità alla luce del sole e questa è la ragione per cui l’iperico è considerato, in Australia, un’erba pericolosa.

Ritorno alla ragione che mi ha sollecitato a scrivere questo lungo inciso: il ruolo delle ostetriche nella trasmissione della cultura anticoncezionale è stato certamente fondamentale per molti secoli, ma è inevitabilmente diminuito sin quasi a scomparire dal momento in cui esse hanno realizzato che occuparsi di questi temi metteva a rischio la loro stessa vita. La cultura anticoncezionale è stata perciò confinata all’interno delle famiglie con una inevitabile serie di conseguenze negative, che vanno dall’abbandono delle erbe della montagna, trascurate perché difficili da reperire e da riconoscere, alla grande frequenza di errori nell’uso delle erbe dell’orto, causa di un numero di fallimenti in continua crescita. Così le madri insegnano alle figlie quello che si ricordano e oltretutto lo fanno con grande cautela perché non vogliono che le figlie ne abusino. Le conseguenze della persecuzione delle ostetriche vi dovrebbero essere chiare.

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 27

Una notevole pressione sulle ostetriche arriva naturalmente dalla medicina ufficiale, fortemente intenzionata a togliere loro spazio e autonomia. Si diffondono in Europa regole che impongono all’ostetrica di chiamare il medico ogni volta che il parto si complica e che le proibiscono di eseguire alcune manualità e di utilizzare i ferri chirurgici. In molti luoghi queste norme sono necessariamente ignorate (nessun medico va ad assistere a un parto distocico in un isolato casolare di montagna), ma nelle città è diverso, e le condanne alle ostetriche renitenti cominciano a fioccare. L’interesse della medicina alle scienze ostetriche e ginecologiche continua a crescere: vengono proposti nuovi strumenti ostetrici, il cui uso è vietato alle levatrici (e non solo a loro: il forcipe di Chamberlen utilizzato per la prima volta all’inizio del 1600, fu mantenuto segreto a tutti e utilizzato solo dai familiari del suo inventore per più di 50 anni).

Ma che tipo di informazione e quanta cultura contenevano questi libri, sui quali si formavano le ostetriche più brave e preparate? Ho letto alcuni capitoli di “La commare o riccoglitrice“, un libro verbosissimo, che sul piano squisitamente tecnico è “figlio dei tempi e per i tempi ardito”. I consigli, la descrizione della patologia, le disquisizioni sulle cure e sugli interventi sono più che accettabili. Ma Scipione Mercurio voleva anche vestire i panni dello scienziato e del maestro, e così, ogni tanto, dissertava. È bene che io faccia qualche esempio delle cose che scriveva, perché – tenetelo presente – queste cose diventavano “verità scientifiche” nella testa e nella fantasia delle donne che – più di ogni altra persona – erano deputate alla cura della salute procreativa.

Molti capitoli del secondo libro di “La commare o riccoglitrice” sono dedicati ai mostri, a cosa siano, a cosa ne causi la venuta al mondo, e quali siano veri e quali favolosi. Mercurio cita subito Agostino e ricorda che nel libro 10, capitolo 16 della “Città di Dio” c’è una classificazione che considera separatamente mostri, ostenti, prodigi e portenti. Non sono un lettore abituale di Agostino, ma la citazione è per lo meno sbagliata, il libro deve parlarne da qualche altra parte. Comunque, Mercurio spiega che i mostri sono quei nati che hanno testa di cane o piedi di capra; prodigi, quelle creature che hanno parte del corpo situate in luoghi diversi dall’abituale; ostenti, quei fenomeni inusitati che possono avvenire al momento del parto (come il fatto di una cavalla che partorisca una lepre); portenti, le nascite contro natura (cioè i feti con il corpo trasformato nella figura o nel sesso).

La cosa che mi interessa, nella lunga disquisizione che segue a questa classificazione, è quello che Mercurio pensa delle “cagioni dei mostri”. Meglio riportare le sue parole:

 “L’ultima causa e forse la maggiore per mio giudizio è l’imaginazione dei genitori e particolarmente quella della madre. Particolarmente dico quella perché di sopra si è già mostrato quanto possa tale imaginazione nel corpo già formato, stampandoci sopra le marche di quanto desidera la donna. Hor che sarà allora, quando nei sangui e semi teneri corrano gli spiriti formati da pensieri mostruosi? Certamente potranno più, che molto effigiare, e variare tale massa di sangue, e di seme tanto più agevolmente, tanto più è alta questa materia a ricevere ogni impressione, che non è il corpo, già organizzato e perfetto. Che l’immaginazione possa ciò fare è opinione quanto mai invecchiata di quanti mai ragionarono della immaginazione delle donne. Lo persuade Alberto Magno, Avicenna, e un numero quasi infinito di scrittori“.

Il concetto è già espresso in termini molto espliciti e sono già stati trovati, per lui, illustri padri tra gli scienziati. Si tratta ora di ragionare sui meccanismi.

“Aristotele, nel libro 4 della generazione degli animali, al capitolo 4, dice che il mostro nasce o dalla debolezza del seme dell’agente, o dalla disobbedienza della recipiente. Questa disobbedienza, dirò io, oltre a molte altre cose che si possono considerare che altro è che quello non uniformarsi con l’intenzione dell’agente, il quale intende riprodurre un simile a sé? e però quando la donna andrà vagando con la mente nel tempo della concezzione, e pensando ad animale, o ad altra strana figura produrrà il mostro: poiché sopra si è detto che l’unirsi e farsi conforme alla volontà dell’agente, è causa di fare i figli simili al padre. Ma qui dirà alcuno che la somiglianza non quadra: perché la donna stampa il vestigio della cosa desiderata nel fanciullesco corpo, questo avviene perché la desiderò molto: ma quale sarà così sciocca donna che giamai desideri cosa tanto orrenda di fare figli mostruosi? Rispondo che è vero, che allo stampare le voglie nei corpi dei fanciulli si ricerca l’imaginazione fissa congionta col desiderio perseverante: ma questo si disse che era necessario perché la imaginazione non poteva in uno istante imprimere cotai segni, ma per mezo de spiriti e questi per mezo del sangue il quale dovendo passare per molti spazi di vena per ritrovare la parte, che dovevano nutrire, è necessaria con la perseveranza del desiderio con la forte imaginazione acciò non svanisse per suo difetto. Nella generazione de i mostri non vi vuole questa manifattura perché nella congiunzione dell’huomo e della donna mentre quei semi e sangui si uniscono insieme, il che è fatto sempre con molta dolcezza se in quell’atto la donna discorra con la imaginazione sopra il collo, capo, petto di qualunque animale, e che niente duri ancor che non lo desideri correndo gli spiriti quasi in un subito sopra quei semi per mezzo della dolcezza, imprimono in quei sangui quelle confuse imagini che apprese con l’imaginazione, le quali restando colà finché il corpo si informa, si genera il mostro. Il che più facilmente si può fare quando vi concorra alcuna dell’altre sopraddette cause, si che correndo gli spiriti impressionati dalla imaginazione sopra cosa tanto tenera e molle, non ha di bisogno del desiderio per impronto a fare tale opera, come nel corpo formato già si disse. E questa è la ragione che senza che la donna desideri havendo con la sola imaginazione appreso qualche figura strana produce i mostri. Il che a me pare facilissimo”.

Mercurio, a questo punto, compie un vero capolavoro di analogia, ricordando come a tutti accada di sbadigliare vedendo che qualcuno sbadiglia e di aver voglia di urinare, se vedono spillare vino da una botte, e questa è la forza dell’immaginazione. E questo è anche un modo perfetto per far sentire le donne colpevoli anche della nascita dei bambini mal conformati.

Non può essere un caso se, nella serie di capitoli dedicati al significato e alle cause della nascita dei mostri, Mercurio ne inserisce uno intitolato “Se i diavoli possano generare come molti credono”. L’argomento è affrontato con molta serietà e l’intenzione dell’autore è di dare al quesito due risposte diverse: se i diavoli possano generare per propria natura; se possono generare per mezzo e aiuto d’altra natura.

Quanto al primo quesito, Mercurio chiama in causa San Tommaso che afferma che

essendo il generare atto della vita e la vita facoltà attenente al composto d’anima e di corpo, non havendo corpo l’Angelo non può avere le operazioni che da quello nascono; e che essendo in esse le generazioni, l’Angelo per sua natura non può generare e poiché il Diavolo per natura è Angelo – che il peccato lo fece diavolo – ne segue che neanco il Diavolo per sua natura possa generare sì che non è vero che i Demoni generassero per sè gli Incubi e i Sucubi”.

Ma, riprende Mercurio, la storia dell’uomo è piena di prove dell’esistenza della capacità generatrice del Diavolo:

“Dico dunque che il Demonio, essendo di natura angelica non può generare per virtù di essa, ma per virtù della natura umana, cioè facendosi hora Incubo e hora Sucubo. Imperocché mentre il Diavolo vorrà procurar la generazione gli è necessario prima assumere un corpo di una Donna morta, o altro corpo fantastico, e fingendo d’esser una meretrice sottoporsi all’huomo nell’atto carnale e ricever il suo seme, o procurarlo di havere da quegli, che patiscono poluzzioni notturne, o che volontariamente da se stessi si corrompono, e conservarlo nel suo calor nativo, il che potrà facilmente far haver cognizione delle cose create, si come facilmente potrà mover quel corpo come se fosse vivo; poiché la sostanza spirituale ha imperio assoluto sopra la sostanza corporale e anco con la medesima facilità potrà con odore occultar il fetor del corpo morto; e fatto questo bisogna che di nuovo figli un altro corpo di maschio, o cadavere, o corpo fantastico, e quel seme che haveva raccolto come Sucubo, lo trasmetta nell’utero di una donna nell’atto carnale fatto Incubo, in questo modo potrà il Diavolo generare ma non per virtù propria”.

Qui, Mercurio ha una piccola crisi di coscienza e dichiara di esser diventato rosso “considerando di una creatura così nobile come il Diavolo, (che pur è Angelo per natura) mentre è tanto intento a far peccare gli huomini, non si vergogni di pigliar corpo, esercitar quegli atti puttaneschi, e dishonesti, pur è vero che molte volte l’abbia fatto”.

E qui cita S. Agostino ma, soprattutto il Malleus Maleficarum “dove è una frotta di queste sporcherie del Diavolo

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 26

Nel 1771 vide la luce A Treatise on Female Disorders, di Henry Manning, probabilmente scritto per i medici, ma che trovò molte lettrici tra le ostetriche. Nel trattato trova molto spazio il problema degli emmenagoghi, scelti soprattutto tra le medicine che “rafforzano la digestione“, un elenco nel quale troviamo quasi tutte le sostanze che erano note, a quell’epoca, per controllare la fertilità. Manning non si curava affatto di scrivere dettagli come dosi e vie di assunzione, minuzie da lasciare al farmacista, e indicava come sua ricetta favorita una misteriosa Tinctura Sacra, della cui formula non diceva una parola e che probabilmente le donne avrebbero potuto trovare nella farmacia locale. Qualche apertura al problema del controllo delle nascite si trova quando Manning fa capire che gli stessi farmaci che si usano per l’espulsione di una placenta ritenuta possono essere utilizzati per indurre un aborto.

Anche i libri scritti espressamente per i medici sono molto incompleti per quanto riguarda il controllo delle nascite. Jean Astruc, nel suo Traité des Maladies des Femmes, sei densi volumi pubblicati a Parigi tra il 1761 e il 1765, dedica molto spazio agli emmenagoghi, senza mai dar segno di sapere che possono causare un aborto, cosa che un medico capace di scrivere sei volumi di ginecologia non poteva ignorare.

Michele Malacarne, alla fine del XVII secolo scrive, a proposito delle ostetriche, che sono “temerarie, zotiche, idiote, prive di genio e di gusto per lo studio”. In realtà, sono donne, e sono depositarie di una cultura empirica che, fino a quel momento, ha dato loro un grande potere e ha svolto uno straordinario compito sociale. Ora questa cultura si confronta con il progresso delle conoscenze scientifiche e, questa almeno è la giustificazione della Chiesa e delle Università, non è più capace di reggere al confronto, poiché le resta solo il suo carattere magico e segreto. Bisogna dunque trasformare la mammana in ostetrica, un compito non facile, che viene in parte assunto dalle Università che arriveranno persino all’insegnamento di materie per sole ostetriche chiamato “ostetricia minore”. Ecco la ragione dei primi libri scritti solo per le Ostetriche, da “De partu hominis“, scritto originariamente in tedesco da Eucario Roesslin e pubblicato a Strasburgo nel 1513, al già citato “La commare o riccoglitrice” di Scipione Mercurio, al trattato per le ostetriche di Louise Bourgeois, dato alla stampa nel 1609 a Parigi.

 

 

 

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 24

Nel XVI secolo erano state approvate in varie parti d’Europa leggi che punivano la stregoneria. Così era la legge emanata da Carlo V nel 1532 (Constitutio Criminals Carolina), che stabiliva sanzioni severe per chi faceva abortire una donna (se il figlio era vivo e vitale) e per chi rendeva un uomo o una donna sterile. La pena era la morte, e la stessa pena andava erogata alle donne che si procuravano un aborto. Se questa legge non stabiliva sanzioni per chi procurava un aborto senza fare alcun male alla madre, la legge inglese (che è del 1541) era più specifica e diceva: “Che era un atto criminale anche trascinare una persona in un amore illegale, o farlo per un qualsiasi altro intento illegittimo”. Più tardi la legge fu modificata con l’aggiunta della condanna di chi usava una qualsiasi parte del corpo di un cadavere per scopi che riguardavano la stregoneria, la magia e gli incantesimi. Nello stesso periodo anche il giuramento delle ostetriche fu modificato per l’aggiunta dell’impegno a non occuparsi in alcun modo di stregoneria, di non consentire l’assassinio di alcun bambino e di seppellire i feti morti in modo appropriato. Nel 1624 un’altra legge inglese stabilì che in caso di morte di un nuovo nato, l’onere di dimostrare che essa era dovuta a cause naturali gravava sulla gestante; se non riusciva a dimostrarlo, poteva essere accusata di omicidio e, se trovata colpevole, impiccata.

Le ostetriche diventavano sempre più spesso bersaglio di una crudele persecuzione e venivano sempre più spesso accusate sia di stregoneria che di crimini comunque nefandi e vergognosi e spesso condannate sulla semplice base di una denuncia anonima o di qualche diceria popolare, senza un’ombra di prova. Così, queste povere donne trovarono finalmente il coraggio di reagire: si organizzarono, cercarono di avere accesso all’istruzione e di ottenere ovunque una licenza per il loro lavoro. In più, accettarono di pronunciare i giuramenti che venivano loro imposti e che erano anche un’implicita confessione di cattiva condotta: giuravano che non avrebbero fatto questo e quello, ma era come se promettessero che non avrebbero più fatto questo e quello. La loro campagna di pubbliche relazioni, il loro tentativo di rappresentare se stesse come le custodi della salute delle donne e dei loro bambini ebbero successo, ma solo in tempi molto lunghi. In quei momenti le accuse erano troppe e troppo gravi.

 

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 23

Dunque le ostetriche dovevano essere considerate inaffidabili e licenziose, impresa non difficile visto che amministravano un sapere che le faceva camminare sul filo di un rasoio, di qua il bene delle donne, di là l’abisso della perdizione: ma erano utili, se non addirittura necessarie. Così, nel XVI secolo la loro inaffidabilità divenne ufficiale: nel momento in cui veniva data loro l’abilitazione alla professione (ma per almeno un secolo  molte donne continuarono ad esercitarla senza alcun permesso) si decise di farle giurare di comportarsi bene.

I giuramenti delle ostetriche erano di per sé un atto di esplicita accusa, nessuno si sognerebbe di inserire cose del genere negli impegni di altre professioni (pensate a un giuramento della polizia nel quale ci sia l’impegno a non bastonare gli operai che scioperano). Le espressioni più usate erano “non eserciteremo alcun tipo di stregoneria né faremo incantesimi” e “non useremo mezzi illegali né superstizioni, né con le parole né con i segni“. L’abitudine a questi giuramenti ebbe vita molto lunga.  Il primo riferimento ai Giuramenti delle ostetriche l’ho trovato in un libro di J. Aveling (English midwives, pubblicato nel 1872). Dice: “Io, Eleonora Pead, ammessa alla professione di ostetrica, voglio esercitare questo ufficio con diligenza e onestamente, secondo i doveri che gli sono riconosciuti, utilizzando per esso tutte le conoscenze che Dio mi ha dato. Sarò sempre disposta ad aiutare le donne povere come le donne ricche durante il parto e ad assistere ugualmente ricchi e poveri e mi impegno …… a non consentire che il padre sia sostituito……. a non scambiare né uccidere i neonati…. a non usare incantesimi e stregonerie. Se sarò costretta a battezzare un bambino userò la formula sacra e non dirò parole profane, e certamente userò acqua pura e chiara”. Siamo, è bene ricordarlo, nel 1567.

A Barcellona, nel 1795, le ostetriche licenziate dall’Università giuravano di “non somministrare farmaci alle donne gravide, partorienti o puerpere che non siano stati prescritti da un medico latino”. Un giuramento simile veniva pronunciato dalle ostetriche inglesi che inoltre si impegnavano a non dare consigli circa “erbe, medicine o veleni alle donne gravide che potrebbero così uccidere o espellere il feto prima del tempo”.

E il nome del gioco era certamente il sospetto. Un’ordinanza della città di Norimberga, emanata all’inizio del 1600 ricordava ai cittadini i “recenti crimini commessi da donne che vivono nel peccato e nell’adulterio e che, prima o durante il parto, hanno cercato di uccidere i propri figli illegittimi sia prendendo pericolose pozioni capaci di determinare l’aborto che usando altri mezzi illeciti“. Niente di male, per gli amministratori di una grande città, ricordare ai propri cittadini l’esistenza di eventi criminosi. Solo che, nella stessa ordinanza, veniva poi fatto divieto alle ostetriche di seppellire feti o bambini morti senza prima informare il consiglio comunale: ciò non avrebbe senso se l’estensore dell’ordinanza non avesse ritenuto che esisteva una generica responsabilità delle ostetriche nei crimini commessi. Inoltre, le ostetriche che avevano l’incarico di seppellire i neonati morti dovevano trovare due o tre donne, al di sopra di ogni sospetto, che assistessero alla sepoltura e ne potessero poi dare testimonianza.

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 22

Nel 1700 le Università cominciarono a impostare l’insegnamento dell’ostetricia su basi tecniche e scientifiche e a farne addirittura materia di specializzazione medica. Nel corso del secolo furono pubblicati numerosi trattati di anatomia, fisiologia e patologia ostetrica e ginecologica, dedicati sempre più spesso ai medici: fino a quel momento i libri più letti erano stati La Commare e un testo di Michele Savonarola dedicato alle donne ferraresi e pubblicato nel 1460. Contemporaneamente cominciarono a entrare in uso nuovi strumenti, come il forcipe, il cranioclaste, il craniotribo, il craniotomo, il decollatore, l’embriotomo, nomi di per sé terrificanti e che fanno intuire per quale uso fossero stati immaginati.

A Bologna, nel 1742 venne istituita la Scuola di Chirurgia, che fu affidata a Pier Paolo Molinelli. Nel 1757 papa Benedetto XIV decise di acquisire il materiale didattico di Giovanni Antonio Galli, al quale affidò l’insegnamento dell’ostetricia presso l’istituto delle Scienze che si aprì così a un nuovo pubblico, quello delle levatrici (che però entravano da una piccola porta posteriore del palazzo, quella principale era ancora riservata agli studenti di medicina e ai professori). Galli aveva tenuto scuola di ostetricia per otto anni a casa sua utilizzando tavole di cera e modelli anatomici di argilla e aveva insegnato a medici (pochi) e ostetriche (progressivamente più numerose, avendo molte di loro fiutato il rischio che la loro professione stava correndo). Questa scuola divenne ben presto nota in tutta Europa per aver aggiunto (si diceva) alla carne per credenti – le cere votive – la carne per studenti – le cere didattiche. Galli la diresse fino al 1782, anno in cui la consegnò nelle mani del suo successore, Luigi Galvani.

Si trattò dunque di una straordinaria trasformazione, ormai inevitabile se si pensa al posto che la sacralità naturale e la religiosità sovrannaturale del nascere hanno sempre occupato nella mentalità popolare e nelle religioni. Ma per più di un secolo non si trattò di un evento fortunato e felice. La medicina ufficiale, la medicina degli uomini, non pensò mai di utilizzare l’antica e straordinaria cultura che per secoli aveva amministrato con saggezza i problemi della salute femminile e in particolare quelli delle gravidanze, ma semmai si contrappose ad essa, operando contemporaneamente per limitare i compiti delle levatrici, togliendo loro ogni autorità, coprendole di sospetti e di calunnie. L’antica cultura delle mammane, il loro sapere ereditato e raffinato da secoli di esperienza, i loro rimedi così diversi, le loro tecniche sconosciute e, soprattutto, la loro capacità di occuparsi delle altre donne con compassione e solidarietà, furono completamente ignorati. In più, l’uso maldestro di strumenti di difficile impiego fece danni straordinari: aumentò la mortalità da parto, furono estratti a pezzi bambini che avrebbero potuto nascere vivi e sani, comparvero complicazioni pressoché ignote come la febbre puerperale, la cosiddetta febbre dei dottori, che dilagò per tutta l’Europa come una peste e decimò le puerpere almeno fino alle intuizioni di Ignaz Semmelweis (ma in realtà anche oltre).

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 18

È fuori di dubbio il fatto che si rimproverasse alle donne di esercitare un improprio e malefico controllo sulla fertilità e che venissero punite coloro che erano depositarie – almeno in teoria – della conoscenza su come questo controllo poteva essere attuato. Accomunare queste donne alle streghe aveva un forte significato simbolico: dimostrava anzitutto che la loro opera era demoniaca, gettando così una fosca luce su tutto quello che aveva a che fare con il controllo della riproduzione e, in qualche modo, con la sessualità; tendeva ad arrestare la comunicazione tra le donne, sulla quale si era basata la sopravvivenza delle informazioni sui mezzi di controllo delle nascite da epoche antichissime.

C’è una tesi, a questo proposito che mi sembra molto interessante e che desidero proporre. La caccia alle streghe, perseguita con ostinazione per secoli, condusse a morte un grande numero di donne che avevano “speciali conoscenze” sulla vita sessuale e su quella riproduttiva. Non solo: avere quelle conoscenze, utilizzarle, trasferirle ad altre persone divenne non solo esecrabile, ma molto pericoloso: entrava in gioco la propria vita.

Ora, non vi è dubbio che sia il controllo della fertilità che la possibilità di interrompere una gravidanza iniziale fossero stati affidati, per secoli, all’uso di qualche tipo di pianta o a qualche infuso di erbe o di radici. Di questi “emmenagoghi” gli erboristi ne avevano descritti una notevole quantità, ma nei loro libri le indicazioni relative all’uso corretto e all’efficacia erano divenute sempre più evanescenti, fino a risultare incomprensibili ai più. Via via che contraccezione e aborto procurato venivano condannati in modo sempre più fermo dalla Chiesa, gli erboristi erano passati a un linguaggio sempre più criptico: in alcuni libri, ad esempio, non si diceva più che la tale erba era capace di interrompere una gravidanza, ma ci si limitava a consigliare alle donne gravide di tenersene lontane perché poteva nuocere al loro bambino. Depositarie delle informazioni perdute erano diventate le donne più anziane e le ostetriche (o, se volete, le levatrici e le mammane) alle quali le donne in difficoltà si affidavano senza paura, consapevoli di poter contare sulla loro solidarietà e sulla loro compassione. A tutte costoro erano note le erbe utili, che potevano essere trovate nei prati delle vallate, sui monti, e persino nell’orto di casa; esse sapevano da dove derivare le medicine giuste, se dai fiori, dalle foglie, dalle radici o dai rizomi, sapevano come estrarre i principi attivi, conoscevano le dosi che dovevano essere somministrate. Iniziata che fu la caccia alle ostetriche, molte di loro, spaventate e minacciate, negarono ogni collaborazione, i rischi erano troppo alti; quelle che continuarono a consigliare e a operare lo fecero quasi sempre per trarne un guadagno, l’antico dialogo tra sorelle divenne solo un ricordo. In alcuni casi il trasferimento delle conoscenze continuò all’interno delle famiglie, ma le informazioni molte volte erano scorrette e incomplete: scomparvero, ad esempio, dalla lista delle erbe utili, i nomi delle piante che crescevano fuori dall’orto di casa e aumentarono i rischi dovuti alla cattiva conoscenza dei dosaggi necessari. Molte donne non avevano i soldi per pagare le ostetriche e cercarono di arrangiarsi: crebbero i casi di “miseria genitale”, aumentò il numero di bambini morti misteriosamente subito dopo la nascita. La vita della povera gente, privata anche di questa forma semplice e naturale di solidarietà, divenne ancora più miserabile.

Da molti anni è iniziato un processo di revisione storica inteso a dimostrare che almeno gran parte del fanatismo religioso che invase l’Europa tra il Cinquecento e il Seicento non fu di matrice cattolica; secondo questi stessi storici, la leggenda nera dell’Inquisizione sarebbe solo una delle tante menzogne intese a diffamare il cattolicesimo il quale, pur partecipe di molte delle esagerazioni dei tempi, si preoccupò soprattutto di mettere a punto meccanismi giudiziari capaci di garantire gli interessi degli imputati.  A questo proposito, Giovanni Romeo, storico napoletano autore del libro “Inquisitori, esorcisti e streghe nell’Italia della controriforma”, afferma che si apre ormai “una immagine sorprendentemente nuova dei Tribunali come quelli inquisitoriali”, concetto ribadito da un laico insospettabile come Luigi Firpo. Questo tentativo di riabilitare la Sacra Inquisizione si basa anche su alcune iniziative editoriali che hanno messo a disposizione di un pubblico relativamente vasto testi fino ad oggi assai poco conosciuti, come ad esempio il Dictionnaire apologétique de la foi catholique di Jean Baptiste Guiraud, edito tra il 1913 e il 1915; rilevanti contributi in questo senso sono stati dati anche da Henry Arthur Francis Kamen, da Bartolomé Benassar e da Gustav Henningsen. L’opera più incisiva e documentata è però, almeno a parere di molti, quella di John Tedeschi (Il giudice e l’eretico. Studi sull’Inquisizione romana, Vita e Pensiero, Milano, 1997) che intende documentare il raro ricorso alla pena di morte, lo scarso peso delle pene comminate e il limitato impiego della tortura negli interrogatori. Gli studi di Tedeschi, peraltro, dipingono una Inquisizione un po’ troppo idilliaca, tribunali umanissimi  nelle cui celle federe e lenzuola venivano cambiate due volte alla settimana e i cui carcerieri si comportavano come le maestrine delle scuole Studi sull’Inquisizione romana, Vita e Pensiero, Milano, 1997. Viene persino citato un episodio che riguarda il cardinale responsabile di una particolare detenzione il quale – si narra – volle scusarsi personalmente con il recluso per non essere riuscito a trovare, nell’intera città di Roma, la birra che costui pretendeva e arrivò a offrirgli una somma di denaro come risarcimento. Insomma, una istituzione umana e imparziale, della quale ci è giunta un’immagine deformata e travisata. Tedeschi, tra le altre cose, non ritiene che il Malleus sia stato il manuale canonico utilizzato nei processi per stregoneria (39 edizioni non sono evidentemente sufficienti a dimostrarlo) e che solo 150 anni dopo fu finalmente pubblicato un testo che interpretava le reali intenzioni e i veri sentimenti degli inquisitori (Instructio pro formandis processibus in causis strigum, sorteligiorum et maleficiorum, edito nel 1624). La lettura del libro di Tedeschi mi ha fatto nascere molte curiosità, ma mi limito a esprimere un dubbio: come mai la gente comune era così terrorizzata dalla Santa Inquisizione? Se è stata fatta confusione tra un albergo a quattro stelle, dove di cambiavano le lenzuola ogni tre giorni, e un tempio dove si celebravano solo riti ispirati alla sofferenza e alla morte (i mezzi di tortura sono visibili nei musei, e a sentire i revisionisti sono addirittura più numerosi delle persone torturate) a chi si deve attribuire una falsificazione storica di questa grandezza? Immagino che sia quasi indispensabile chiamare in causa il demonio, anche se mi sembra un’ipotesi un po’ azzardata. D’altra parte mi pare altrettanto azzardato immaginare che questi tribunali, oltre a rappresentare confortevoli salotti da utilizzare per le conservazioni tra amici, abbiano anche avuto il privilegio di ideare “agenzie giuridiche sconosciute ai tribunali laici dei tempi” (Antonio Socci, Il Sabato, 28 aprile 1990) o dichiarare che nel Medioevo “…la causa dell’ortodossia non è altro che la causa della civiltà e del progresso…” (Hemry Charles Lea, Storia dell’Inquisizione. Fondazione e Procedura. Fratelli Bocca Editori, Torino 1910). Forse dobbiamo dare nuovo rilievo alla tesi di Alonzo de Salazar Frias, l’inquisitore che non credeva nell’esistenza delle streghe e che all’inizio del XVII secolo cercò di spostare l’attenzione sui paesi protestanti, loro sì colpevoli di una intolleranza assurda e scatenata. Secondo questa tesi, che pure ha una sua credibilità, sia Calvino che Lutero avevano molta simpatia per i roghi, come è facile capire anche solo leggendo queste poche righe scritte fa Lutero:

“Le streghe sono le prostitute del diavolo, che rubano il latte, suscitano le tempeste, cavalcano caproni e scope, azzoppano e storpiano la gente, tormentano i bambini nelle culle, tramutano gli oggetti dando loro forme diverse, sicché un essere umano sembra un bue o una vacca; spingono la gente alla copula e all’immoralità e sono responsabili di molti altri orrori. Non bisogna avere alcuna compassione per queste malvagie, bisogna bruciarle tutte”.

 

Siamo in un periodo in cui le professioni mediche si stanno organizzando. Le Università laureano i medici e alcune promuovono anche una nuova professione, quella del chirurgo. In molte regioni d’Europa diventa necessario avere una licenza per esercitare una professione che abbia a che fare con la salute dei cittadini. I professionisti della salute cominciano a mettere sotto accusa gli altri, quelli che non hanno in pratica alcuna cultura, che non hanno fatto corsi di studio, non conoscono le aule delle Università. Li chiamano “rustici” o “vetulae”, vecchie. Le ostetriche vengono derise, criticate per la loro ignoranza e il loro empirismo, definite volgari e illetterate. Queste accuse hanno facile presa, il terreno è già preparato dalle accuse dell’Inquisizione, e poi le ostetriche non hanno alcuna organizzazione sociale e non riescono a trovare difensori. La loro attività tende a diventare clandestina o a piegarsi alla sola assistenza al lavoro del medico.

È difficile stabilire quante donne, soprattutto tra il XVI e il XVII secolo, continuarono ad affidarsi alle ostetriche e quante invece cominciarono a chiedere il consiglio dei medici e degli apotecari. C’era, è chiaro, un importante problema economico, il costo delle due consulenze era molto diverso, ma l’importante era che fosse stato stabilito un principio, chiarita una diversità: il medico rappresentava non solo la voce della competenza, ma anche quella della moralità e della religione; l’ostetrica, molto semplicemente, no.

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 15

Se all’inizio le accuse cadevano per mancanza di motivazioni accettabili, ben presto divennero circostanziate. Quando non era possibile scoprire qualche motivazione plausibile (come la vendetta, ad esempio, o l’invidia, o la gelosia), si tirò fuori la storia dell’interesse commerciale. Il corpo di un feto non battezzato aveva un valore economico piuttosto alto: il grasso del suo corpo, ad esempio, poteva essere utilizzato per la preparazione di un certo numero di pozioni ed era la base fondamentale di una pomata che le streghe avrebbero dovuto spalmarsi sul corpo per poter volare al settimanale appuntamento con il demonio, il Sabba. È evidente che queste erano le premesse per poter sospettare le ostetriche di stregoneria, un sospetto che diveniva  sempre più frequentemente un’accusa esplicita. La paura di questo oscuro potere delle ostetriche era  così grande che in Inghilterra le licenze concesse nel 1675 vietavano in modo specifico l’esercizio di “witchcraft, charm, sorcery or invocation contrary to the law of either God or the King”.

Poiché erano le ostetriche (e comunque, in genere, le donne con qualche competenza in ostetricia) a occuparsi di anticoncezione e di aborto, era facile far ricadere su di loro ogni sorta di colpa e di comportamento immorale. Si diceva e si scriveva – abitudine che perdurò durante tutto il medioevo – che si sbarazzavano con l’aiuto di droghe delle gravidanze adulterine, e che insegnavano alle altre donne come servirsi di pratiche misteriose per rimanere infeconde. Rapidamente la fantasia popolare era poi passata da queste accuse – che avevano un minimo di credibilità – ad accuse molto diverse e altrettanto fantasiose, come quella di indossare attrezzi falliformi per potersi comportare da uomo con le altre donne. Portate in tribunale, venivano condannate senza la benché minima prova a pene severe: 3 anni di penitenza per avere indossato un fallo; tre anni per chi si concedeva a rapporti omosessuali; due anni per aver avuto rapporti con i propri figli; sette anni di Quaresima per aver copulato con un animale (e pane e acqua e penitenza per il resto della vita).

Le cose si complicavano ancora di più quando le “mammane” sempre sospettate delle cose più incredibili, erano accusate di aver usato poteri occulti per conservare l’amore del marito o dell’amante. Erano noti alcuni metodi evidentemente ispirati alla magia nera: ingoiare il seme dell’uomo; farsi regalare un pesce, introdurlo in vagina per estrarlo solo dopo gli ultimi spasmi di agonia (del pesce); fare acquistare – sempre dal proprio amante – del pane per poi farlo impastare sulla pelle nuda del sedere; aggiungere ai cibi un po’ del proprio sangue mestruale. Tutte queste empie azioni venivano punite con molti anni di penitenza e ancora più punita era la magia con la quale una donna rendeva il proprio amante impotente, per evitare di farlo tornare dalla moglie. Per converso, se una sposa rendeva impotente il marito, la punizione non superava i 40 giorni di pane e acqua, anche troppo per un’epoca in cui ogni atto d’amore era fondamentalmente malvagio, e meno atti d’amore si consumavano, meglio era.

Gli evidenti rapporti tra le persone e la magia nera, la loro capacità di ricorrere a sortilegi e a incantesimi, le facevano giustamente sospettare delle più diaboliche macchinazioni. Si diceva che impalassero con un ramo d’albero il cadavere dei bambini non battezzati per evitare che tornassero a vivere e nuocessero ai familiari; esse stesse, se morivano in gravidanza prima di partorire, venivano impalate e inchiodate a terra con il loro bambino per evitare che tornassero a fare del male ai vivi.

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 14

La persecuzione delle streghe divenne particolarmente diffusa alla fine del 1400, ristagnò a metà del 1500 per riprendere poi aïre. Si guadagnarono fama imperitura Torquemada e il giudice luterano Capzovius, del quale si racconta che avrebbe personalmente firmato più di 20.000 condanne a morte. E’ più che probabile che questi dati siano stati gonfiati a bella posta, così come sono certamente poco credibili le cifre riportate da John M. Riddle (500.000 streghe mandate al rogo dai Tribunale della Santa Inquisizione, un numero che o stesso buon senso chiede di ridimensionare) ed è persino possibile che Torquemada fosse, in realtà, una brava persona che faceva coscienziosamente il proprio dovere: tutto ciò conta poco, il giudizio morale non coinvolge direttamente gli Inquisitori, è rivolto, certamente in modo assai critico, alla Chiesa cattolica ( e poi alle Chiese protestanti) che, sulla base di un congenito anti-femminismo, si era inventata per il sesso femminile  un peccato (spesso punito con la morte) di pura fantasia, un’infamia inesistente. Perché questo è il vero problema: l’aver punito in modo atroce un delitto inesistente. Trovo anzi che fermarsi a discutere dei numeri, esercitarsi in puntigliose disquisizioni sul necessario ridimensionamento delle cifre significa semplicemente non voler ammettere una colpa e fa rimbalzare la critica sulla Chiesa di oggi. È come se, qualora fosse possibile dimostrare che gli ebrei mandati a morte nei campi di concentramento sono stati 600.000 e non 6.000.000, il nostro giudizio critico sugli autori di quell’odioso massacro dovesse ridimensionarsi in proporzione.

Nel 1600 la caccia alle streghe sembrò raggiungere dimensioni insuperate e colpì nei luoghi più impensati: nel monastero di Londun, ad esempio, dove le monache carmelitane vennero accusate di oscuri commerci con le forze del male. Le ultime vicende giudiziarie dovute ad accuse di stregoneria si verificarono in Provenza nel 1731, in Inghilterra nel 1722, in Germania nel 1775, in Spagna e in Svizzera nel 1782, in Polonia nel 1787.

Certamente la caccia alle streghe ha avuto motivi sociali e politici. Il fallimento delle eresie e delle speranze di rinnovamento religioso ha sollecitato il ricorso alle pratiche magiche, come elementare mezzo di protesta degli emarginati della cultura e della religione. L’insicurezza di una società negletta e miserabile sollecitava a cercare i responsabili delle calamità ricorrenti. Quello che è certo è che la caccia alle streghe rappresenta l’espressione dello spirito sessuofobico radicato nella cultura ecclesiastica: il sesso proviene dal diavolo e la donna è il suo ministro (e l’ostetrica è un ministro particolarmente esperto). Nessuna di queste interpretazioni, però, è capace di reggere da sola: è difficile ad esempio spiegare i motivi per cui in Italia i processi sono stati complessivamente pochi e in Spagna la repressione abbia riguardato soprattutto gli ebrei e i mori, e molto meno le donne. Conta forse di più il fatto che la cultura medioevale è fortemente permeata del senso del soprannaturale, che percepisce il diavolo come una presenza attiva. È del resto una cultura che non conosce le cause dei fenomeni naturali, compresa la fisiologia del corpo umano, e che non ha la minima cognizione delle malattie mentali, le cui manifestazioni finiscono con l’evocare le immagini del possesso diabolico. Ma che sia proprio una religione che dovrebbe essere basata sull’amore a recepire questi sentimenti di odio e a farne strumento di persecuzione e di violenza senza precedenti è molto più che peculiare, è insopportabile, e il suggerimento di guardare a questi fatti con la visione del mondo che avevano gli uomini di quei tempi mi sembra ingenuo e sciocco.

È comunque evidente il fatto che l’opera delle streghe riguarda soprattutto la salute e la procreazione e che spesso la figura della maliarda maschera quella della guaritrice, che pratica una medicina empirica a base di erbe (ma la medicina ufficiale è quasi altrettanto empirica) e che assiste – per antico privilegio femminile – agli eventi che hanno il maggiore valore simbolico, la nascita e la morte. In particolari circostanze, per ragioni non sempre comprensibili, la guaritrice diventa la nemica della comunità. Siamo in un’epoca in cui la sensibilità delle famiglie nei confronti di eventi drammatici, come l’elevata mortalità dei bambini, comincia a modificarsi, e le ostetriche sono spesso presenti quando i bambini muoiono.

Era infatti accaduto che, piano piano, la professione dell’ostetrica era diventata pericolosa. Rispettata e onorata ai tempi di Sorano, ora l’ostetrica era molto meno pagata e, anche per le sue sempre più frequenti incursioni in settori della medicina considerati magici o immorali, dovute alle necessità di guadagnare qualche soldo extra, era guardata con sospetto, spesso derisa, spesso diffamata. Se un bambino nasceva morto, la colpa era quasi inevitabilmente la sua e, a partire dal 16° secolo, le accuse non erano più quelle di incompetenza, bensì quelle – ben più gravi – di aver cercato deliberatamente di nuocere alla madre e al figlio.

Il Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe). Parte 13

Il Malleus, comunque, rivela una misoginia che non ha uguali nella storia dell’uomo, come se gli autori provassero, nei confronti della donna, sentimenti di paura e di odio che rasentano – e forse superano – i confini della follia. Debole, peccatrice per istinto, la donna è “un animale imperfetto che inganna per natura” “incline a vacillare in materia di fede religiosa”, “istintivamente bugiarda” “bella a guardarsi, contaminante a toccarsi e mortale a possedersi”, biasimevole in tutto perché “ogni stregoneria deriva dal desiderio carnale che nella donna è innaturale”. E le donne peggiori sono quelle più avvenenti e le levatrici, che conoscono meglio di chiunque altro i misteri femminili. E non si salvano le ragazze sedotte e abbandonate che “quando sono state corrotte e sono state disdegnate dal loro amante dopo che hanno copulato con lui senza pudore nella speranza e con la promessa del matrimonio, deluse in tutte le loro speranze e disprezzate da tutti, si rivolgono all’aiuto e alla protezione dei diavoli”.

Qualcuno ha sottolineato il fatto che la maggior parte delle confessioni rese dagli accusati di stregoneria sono identiche in un gran numero di dettagli, anche se sono state rese in tempi diversi e in differenti luoghi. È nata così un’ipotesi, l’interprete principale della quale è Margaret Murray, secondo la quale la stregoneria medievale rappresenterebbe l’ultimo segnale dell’esistenza di un’antica religione, che avrebbe avuto la sua base fondamentale nell’adorazione della fertilità. Se così fosse, non tutte le confessioni delle streghe sarebbero state ottenute per mezzo della tortura e alcune di esse dovrebbero essere considerate volontarie e spontanee.

Margaret Murray immagina un culto affidato a sacerdotesse impegnate in riti che avrebbero dovuto promuovere e proteggere la fertilità: nel tempo, i riti si erano trasformati, le preghiere erano degradate fino a diventare maledizioni, le sacerdotesse erano diventate streghe. A molti antropologi, sembra più probabile l’esistenza di molti e indipendenti culti della fertilità, nati dalla preoccupazione costante degli uomini relativa alla capacità di procreare e al suo controllo. Si trova così in molte culture l’adorazione della terra e del cielo, madre la prima, padre il secondo, così come sono molto frequenti i culti fallici. Le nuove religioni, che pure cercano di assimilare e trasformare alcuni dei vecchi riti, rifiutano ogni mediazione con altri. Nei confronti della fertilità, la posizione della Chiesa è molto dura: vengono condannati senza appello sia i mezzi naturali che quelli sovrannaturali capaci di limitare la fertilità, ma certamente più i secondi dei primi. Ne deriva che gli uomini che usano pozioni ed erbe, senza aiuti demoniaci, per evitare che la loro donna concepisca, debbono essere trattati come omicidi, mentre le streghe che ottengono gli stessi risultati con i loro poteri magici sono punibili con la morte per legge. Sinceramente non mi pare di scorgere differenze degne di rilievo né tra le colpe, né tra le pene.