Potenza, Umanità E Trasformazione In Arancia Meccanica -‘A Clockwork Orange’

Basato sull’omonimo romanzo di Anthony Burgess del 1962 ,  A Clockwork Orange (dir. Stanley Kubrick ) segue Alex DeLarge – un adolescente i cui interessi principali sono lo stupro, l’ultraviolenza e Beethoven . Incontra i suoi “droog” ( Nadsat / gergo per “amici”) al Milk Bar di Korova per bere la bevanda allacciata, solo per farsi sorprendere a furto di macchina a tarda notte, combattimenti tra bande, cantando sotto la pioggia e casa irruzioni successive. Quando i suoi droog si voltano verso di lui e viene arrestato, ad Alex viene assicurato che vuole diventare bravo attraverso la Tecnica Ludovico. La procedura di lavaggio del cervello è “efficace” e all’inizio i risultati sembravano soddisfacenti. Tuttavia, dopo essere tornato nel mondo che lo odia, viene costretto a suicidarsi. Alex viene quindi mandato in ospedale dove torna ad avere una mentalità malvagia, e il film termina quando Alex lascia il pubblico con una delle battute più inquietanti della storia del cinema.

Il titolo

Straordinario soprattutto è il titolo apparentemente illogico del film. Burgess definisce un ‘”arancia meccanica” come “[che ha l’aspetto di un organismo adorabile con il colore e il succo, ma in realtà è solo un giocattolo di un orologio che deve essere avvolto da Dio o dal Diavolo o (poiché questo sta sostituendo sempre più entrambi) l’Onnipotente Stato.” In questo caso, Alex è l’arancia meccanica, mentre la tecnica Ludovico dello Stato lo carica e deduce il suo libero arbitrio. Il film è una dichiarazione contro il controllo, che mostra quanto troppo ci porti via dalla nostra umanità. Con il tentativo di suicidio di Alex e l’incapacità di diventare buono, Kubrick sta dicendo che un essere umano senza qualità umane interiori semplicemente non può esistere.

L’ultra-violenza

Il primo atto di ultraviolenza è di Alex e dei suoi droog quando picchiano un senzatetto. L’uomo esclama: “È un mondo puzzolente perché non c’è più legge e ordine. È un mondo puzzolente perché permette ai giovani di entrare nel vecchio come hai fatto tu ”. Questa scena viene utilizzata principalmente per stabilire com’è la loro società e dimostrare la natura a sangue freddo di Alex. Dal momento che è solo la seconda scena del film, il pubblico è facilmente scioccato ma si abitua facilmente alla violenza che verrà. Nel 1971, il pubblico fu completamente sorpreso da questa scena. Tuttavia, il pubblico moderno non è così scioccato; questo dimostra il genio di Kubrick. La scena era considerata violenza rivoluzionaria quando è venuta fuori per la prima volta, ma con una crescente quantità di violenza in televisione e nei film oggi,  Clockwork serve come base per il confronto con tutti i film futuri. Inoltre, la società sta diventando desensibilizzata alla violenza, e il  Clockwork ne è un’analogia completa. In altre parole,  A Clockwork Orange  è l’affermazione di Kubrick sulla nostra società, e non è lontano dalla realtà.

 

L’atto più terrificante e inquietante dell’ultra-violenza – probabilmente per l’eternità – è la scena ” Singing In The Rain ” (fatto divertente: l’attore Malcolm McDowell l’ha  improvvisato). Alex fa irruzione nella casa di uno scrittore, quindi inizia a violentare la moglie dello scrittore mentre canta il classico di Gene Kelly con i suoi droog che calmano lo scrittore allo stesso tempo. Alla fine della scena, vediamo esattamente dal punto di vista dello scrittore, guardando proprio sua moglie nuda che è tenuta ferma. Alex poi guarda direttamente la telecamera, dicendo “Viddy bene, fratellino.”

L’ultimo scatto è ciò che rende la scena così terrificante e intensa mentre diventiamo una persona senza potere. A causa di ciò, possiamo in seguito simpatizzare con Alex quando torna nella società dalla prigione e viene trattato come sudiciume.

 

Quando Alex ascolta i piani dei suoi droog di sorpassare il loro “leader” (che è lo stesso Alex), pratica l’ultra violenza su di loro nella scena iconica di Flat Block Marina , diventando successivamente superiore.

Il potere di Alex gli dà la possibilità di trasformare i suoi droog e praticare la violenza. Al contrario, i suoi droog seguono il leader perché non vedono altra scelta. Alex è paragonabile a un re, mentre i suoi droog sono i suoi sudditi.

 

L’ultimo atto di ultra-violenza di Alex prima di andare in prigione si svolge nella ricca casa della gatta. Alex funge da ladro di gatti e si intrufola attraverso un livello superiore, dove scopre che la gatta è molto resistente. Usa un’opera d’arte – una scultura del pene – per stuzzicare la furiosa gatta e ucciderla inavvertitamente. Ora che l’opposizione di Alex è più potente (rispetto ai suoi droog), la ferisce e la uccide per prosciugare il suo potere. Allo stesso modo, il potente leader di una nazione può mantenere il suo potere togliendo quello di tutti gli altri.

Non sapeva, i droog di Alex gli avrebbero frantumato un vasetto di latte in faccia e lo avrebbero ferito quando sarebbero arrivati ​​i poliziotti, lasciandolo lì da solo per essere portato in prigione. A questo punto, il pubblico è soddisfatto che Alex abbia ottenuto ciò che meritava. Tuttavia, la sensazione di tradimento è così potente che il pubblico non può fare a meno di provare compassione per lui. I nostri sentimenti divisi su Alex lo rendono uno dei personaggi più iconici e interessanti mai catturati nel film.

La prigione

La prigione di stato 84F, o “staja” come viene chiamata da Alex, è il luogo in cui il fedele narratore del film sconta la sua pena. Viene immediatamente messo a nudo e le sue cose vengono prese. Successivamente, sarà chiamato solo 655321 (il suo numero di prigione) da detenuti e ufficiali. L’identità di Alex è presa dai poteri della polizia; tuttavia, è ancora umano e non completamente controllato. Viene semplicemente represso nel tentativo di essere trasformato dalle persone al potere.

 

I detenuti più anziani suggeriscono che vogliono violentare Alex. Ora che non è superiore, Alex non può punire simili detenuti; questo riflette i ruoli nella scena di Flat Block Marina, con i vecchi detenuti che sostituiscono i droog. Questa volta, tuttavia, Alex non è in grado di riguadagnare la sua superiorità.

 

Alex viene infatuato dalla Bibbia, che è un fattore che contribuisce al suo status di detenuto modello. Tuttavia, è solo interessato all’omicidio, allo stupro e alla tortura che caratterizza. Grazie al potere della Bibbia, il cappellano della prigione crede che Alex si sia trasformato, quindi gli consente di sottoporsi alla Tecnica Ludovico.

La tecnica Ludovico

Alex è in una camicia di forza legata su una sedia con specula che tiene le palpebre aperte per guardare immagini violente per un lungo periodo. Nel frattempo, il medico pompa farmaci che inducono alla paura per creare per Alex un’associazione negativa con tali immagini. Alex sarà evitato quando pensa o sperimenta atti malvagi.

L’immagine è molto raccapricciante, assomiglia alla tortura piuttosto che all’aiuto. Alex urla “No. No! NO! Smettila! Smettila per favore! Ti scongiuro! Questo è peccato! Questo è peccato! ” Lo spettatore non può fare a meno di provare compassione per lui poiché viene trattato come un esperimento scientifico piuttosto che come un essere umano.

Attraverso questo condizionamento, Alex viene totalmente controllato per pensare a come lo Stato ritiene opportuno. Pertanto, viene trasformato in “un’arancia a orologeria” e manipolato per avere morale. Alex perde il suo libero arbitrio, nel senso che perde una delle qualità di base di un essere umano. Quindi, perde potere. Il male di Alex viene sconfitto attraverso il metodo immorale di condizionamento, e ciò che lo Stato considera “buono” in realtà risulta negativo quando ritorna nella società.

Il ritorno alla società

“Rilasciato” dal controllo, Alex ritorna nella società dopo essersi sottoposto essenzialmente al lavaggio del cervello. Non verrà più chiamato 655321, ma non è ancora Alex. In primo luogo, visita la sua casa dove viveva con i suoi genitori, solo per scoprire che un roomer ha preso il suo posto. Pee and Em (Pa e Ma) ora hanno paura di Alex e lo considerano una persona orribile dopo aver realizzato quello che ha fatto.

 

Successivamente, Alex vaga per le strade e inciampa sul senzatetto che lui ei suoi droog hanno picchiato prima. Alex è riconosciuto, quindi l’uomo e una folla di senzatetto lo picchiano come vendetta. Dato che Alex non ha il controllo per reagire con la violenza, deve arrendersi alla reazione.

 

Alex viene quindi salvato da due poliziotti, che si rivelano essere due dei suoi ex droog. Alex viene portato contro la sua volontà nei boschi dove i suoi droog torturano e cercano di affogarlo.

Con nuove posizioni di autorità, i suoi droog sono fuggiti dal comando di Alex e hanno scelto di trasformarsi in poliziotti. I droog sono ora potenti, specialmente considerando l’attuale stato di Alex, e possono scegliere da soli. L’attuale mancanza di libertà di Alex riflette il passato dei suoi droog.

 

Con il sangue su tutto il viso, Alex striscia fino alla casa più vicina, che è anche quella dello scrittore di cui ha violentato la moglie. Lo scrittore, ora su una sedia a rotelle, non riesce a riconoscere Alex e quindi lo porta dentro. Alex quindi fa un bagno e canta “Singin ‘in the Rain”, che canta anche quando ha violentato la moglie dello scrittore.

Questo dà l’identità di Alex allo scrittore, lasciandoci con uno dei più spaventosi sguardi di Kubrick in tutto il lavoro di Kubrick. Il fatto che sua moglie sia morta a causa del presunto trauma dello stupro rende l’immagine molto più spaventosa:

 

La mattina dopo, lo scrittore tratta Alex per una colazione. Insolitamente inquietante, osserva Alex mangiare. L’autore gli dice: “Prova il vino!”.

Alex lo fa e presto perde conoscenza.

 

Alex si sveglia in un’altra stanza e lo scrittore lancia la nona sinfonia di Beethoven da un livello inferiore. Avendolo letto nelle notizie, lo scrittore è consapevole dell’avversione di Alex nei confronti di Beethoven della tecnica Ludovico. Usa tale conoscenza a suo vantaggio e per dargli potere. In altre parole, è stato trasformato da uno storpio in qualcuno che forza il dolore insopportabile di Alex. Alex cerca di scappare dalla stanza, ma invano. Alla fine apre la finestra e salta giù, cadendo dritto a terra.

Il finale

La fine di A  Clockwork Orange ha Alex in ospedale dopo aver tentato di uccidersi. Ora che è libero dal lavaggio del cervello del governo, un funzionario del governo lo visita, facendo un accordo per coprire la responsabilità dello Stato per il suo tentativo di suicidio.

Il governo è considerato una delle entità più potenti. Nel frattempo, Alex è in una delle condizioni meno potenti su un letto d’ospedale. Tuttavia, Alex è superiore e prende il controllo. Il benessere del governo dipende dall’accordo di Alex con l’accordo per nascondere la storia. Pertanto, in questa situazione, Alex può cambiare il governo, parallelamente a come il governo lo ha cambiato.

 

Il colpo di chiusura di  Clockwork mostra che Alex fa sesso con due ragazze circondate da un’ambientazione nuziale e gente di classe che applaude. Contrariamente allo stupro, Alex immagina un metodo più “corretto” di piacere sessuale e ha “maturato”.

Questo è il punto in cui recita la frase finale di Alex. “Ero guarito, va bene” è pensato per essere un po ‘sarcastico, dato che la visione del sesso “curata” di Alex non è ancora né realtà né ciò che si potrebbe considerare “bene”. Allo stesso tempo, la sua cura è che è libero dal controllo e in grado di ripensare a se stesso, tornando al suo vero io. Avere una mentalità disturbata è meglio che essere condizionati a non farlo.

 

Alex è stato guarito dal suo io condizionato dal governo, ma non è stato guarito dal suo vero io. E va bene

Vincenzo Incenzo – Je suis

Da conventuale tecnologicamente moderno l’esercizio dell’evideon esteticamente esplicato in questa opera dall’orecchiabile melodia richiama l’eco del perduto senno. L’illusoria prigione nella quale ciascun essere pensante si ritrova immerso  diventa costante ricerca mentale in azione agente allo scenario. Un’autentica  iniziazione condita da ossessioni labirintiche, percorsi in distorsione ambigua come in Escher. Generare la quarta dimensione è compito di sacralità intima e solare. L’incanto illusorio della geometria esistenziale si scuote multi-forme e plur-informata; la traslitterazione psichedelica in figure e simboli liquidi in sisma innovativo rievocano il necessario libero arbitrio. Margine e culmine del percorso si fondono; il puer condiziona e plasma da tecnologico demiurgo il senso del criticismo. Il confluire apparentemente confuso delle immagini ristabiliscono i confini infiniti dell’Io, bussola d’orientale saggezza alla consapevolezza: invita e conduce all’agognata potenza del riso atomico. La chiave di volta a tentoni recuperata  la ritroviamo figlia dei passi incerti, dei battiti e dei respiri incipit della clip, unica matrice ad incastro in vista del superamento delle etichette omologanti menzionate nel testo di ragguardevole preziosità. Solo l’innocente curiosità critica lampeggia luminosa e salvifica, una procedura di ricerca capace di mettere a fuoco slegando e regolando l’ormai orfano criticismo, imbrattato e soffocato dalla liquidità vuota e vacua.

 

Makhmalbaf M. – Sesso e filosofia

Gustati “Sesso e filosofia” on line 

locandina sesso e filosofia

“L’amore è un concetto estensibile
che va dal cielo all’inferno,
riunisce in sé il bene e il male,
il sublime e l’infinito.”
Carl Gustav Jung

Perché il sesso dovrebbe ignorare la filosofia, che in greco significa, come è noto, “l’amore per il sapere”, visto che tutto che è amore lo riguarda da vicino? Che cos’è questa sorta di ossessione universale (il sesso) che dovrebbe scomparire quando ci si accosta alle pareti ripide del discorso filosofico?
Perché tutto sia attraversato dal sesso, compresi i concetti più rigorosi, quelli che formano l’armatura della metafisica come tanti piccoli archetti metallici: Tempo, Verità, Misura, Politica, Desiderio, Essere, Infinito, Immagine, Casualità… non hanno niente in comune con la questione del sesso, eppure nessuno esce indenne da un confronto con il desiderio…

Una riflessione poetica e simbolica sulla difficoltà di dare forma e significato all’universo ellittico dei sentimenti. Il film narra come, quando abbiamo la libertà di fare sesso, spesso perdiamo l’amore. Trattasi  del prezzo del modernismo, in questa pellicola Makhmalbaf declina la solitudine: cosi come  le montagne sono proprio l’una accanto all’altra, restano inevitabilmente solitarie nella loro unicità

Jan festeggia il suo 40 ° compleanno nella sua auto, accendendo 40 candele sul suo cruscotto, da solo, ma per un musicista cieco che canta “il 40 ° anniversario della sua solitudine”, come la pioggia piange empaticamente sul suo parabrezza.

L’acqua, la sorgente della vita, è la matrice che sotto forma di liquido amniotico e delle acque primordiali preserva e da inizio alla vita. Nelle antiche cosmogonie l’acqua, componente primordiale, è un principio vitale inteso come mezzo della rigenerazione. Nella forma di pioggia rende fertile e feconda la terra. Infatti la goccia, l’infinitamente piccolo, contiene l’infinitamente grande, come il seme contiene tutte le informazioni per dar seguito allo sviluppo della vita. L’acqua, sotto forma di vapore sale verso il cielo e si impregna delle energie astrali. Successivamente torna sotto forma di pioggia sulla terra, fecondandola con le energie catturate nella dimensione sottile. La terra trae giovamento, dalle informazioni ricevute dall’acqua, per la sua continua evoluzione. Nella teoria dei quattro elementi tradizionali l’acqua si pone al terzo posto: dopo il fuoco e l’aria e prima della terra. Questa posizione tra l’aria e la terra le spetta per quanto riguarda il movimento consentito dalla sua struttura. L’acqua rappresenta il femminile per eccellenza, in quanto è estremamente adattabile, passiva e ricettiva. Infatti allo stato liquido è flessibile, cambia la sua forma, adattandosi alle circostanze, aggirando gli ostacoli che incontra nel suo cammino.

Rosso colore dominante in molte scene della pellicola simboleggia l’estroversione e la forza di volontà. Incremento dei ritmi vitali è quindi sinonimo di forte passionalità, di grande personalità e di fiducia in se stessi, stimolo alla creatività e aumenta le capacità di autoconservazione.

Capolavoro vocativo è l’uso del linguaggio del corpo, in particolare l’attenzione che Makhmalbaf riserva al movimento delle mani (mudra). Nelle danze indiane trovano la massima espressività la danzatrice infatti comunica con il divino e con le mani racconta le pene dei mortali che chiedono il perdono; la danzatrice con i suoi gesti assume la sacralità divenendo così un tramite tra l’uomo e Dio.

La danza indiana comunica ed insegna qualcosa a chi la pratica e a chi la osserva. La gestualità delle mani, le espressioni del viso, lo sguardo e le movenze eleganti raccontano una storia e permettono di rappresentare la bellezza, l’amore ed il mondo ultraterreno. Tale concetto è abilmente esplicitato nelle sequenze del film che gradualmente accompagnano ad una visione più ampia dell’emotività del protagonista che muove le sue peculiari scelte.

Le mani giocano un ruolo fondamentale, i loro mundra (gesti) sono la forma di comunicazione non verbale più immediata e permettono di esprimere emozioni, sentimenti e concetti veri e propri.

Nella tradizione indiana ogni singolo gesto ha uno specifico significato, ma può avere anche diversi significati a seconda del modo e contesto in cui viene eseguito. Danza in questa pellicola rappresenta il fil rouge concettuale, espediente che esplicita un’armoniosa sequenza di posizioni stilizzate e simboliche ottenute combinando variamente passi, gesti e rotazioni del corpo.

Tecnica e consapevolezza del proprio corpo a ritmo di musica in modo corretto affinano le capacità espressive, per trasmettere emozioni e sentimenti. Lo scorrere del movimento del corpo , l’intensità dello sguardo infondono sicurezza e liberano dalle tensioni verso il desiderare oltre gli steccati del pensiero mediocre.

Scheda del Film

  • DATA USCITA: 14 aprile 2006
  • GENERE: Drammatico
  • ANNO: 2005
  • REGIA: Mohsen Makhmalbaf
  • ATTORI: Dalir Nazarov, Marian Gaibova,Farzova Beknazarova, Tahmineh Ebrahiova,Malahat Abdulloeva, Ali Akbar Abdulloev
  • SCENEGGIATURA: Mohsen Makhmalbaf
  • FOTOGRAFIA: Ebrahim Ghafouri
  • MONTAGGIO: Mohsen Makhmalbaf
  • MUSICHE: Nahid , Daler Nazarov, Vanesa Mai
  • PRODUZIONE: Makhmalbaf Film House,
  • DISTRIBUZIONE: BIM distribuzione,
  • PAESE: Francia
  • DURATA: 102 Min

Chiedi: il segreto delle virtù

La narrazione si apre con l’evocazione simbolica dell’origine, il cerchio: la perfezione, la compiutezza, l’unione… sostanza primordiale. Tale figura richiama l’armonia poiché sprovvista di angoli e spigoli, traduce l’indifferenziato in un’uguaglianza di principi. Al centro cui tutto trae origine e a cui tutto torna vi è il Sole, il cui calore è associato all’Amore, alla luce, alla bellezza alla verità. All’inizio risiede il segreto… tale concetto va di pari passo con quello di condivisione: il segreto può essere solo svelato o rivelato. Qualora in terza istanza accettassimo il segreto come conservato finiremmo nel paradosso: sarebbe sì facile imbattersi in un esperimento mentale. La dialettica qui improntata tra fede-mistero-problema ci pone innanzi alle questioni più alte esistenziali e facilmente confuse: siamo inabili a riconoscere quando siamo a cospetto di un segreto mantenuto, o un qualcosa di in-affrontabile o un qualcosa con il quale l’uomo può misurarsi. Il ruolo dell’umano allora si identifica con quello dell’eroe junghiano in misteriosa collocazione e frequente inaccessibilità, luogo sacro dello Zero silenzioso ove il culto d’osservazione minuziosa trasuda dispositivi narrativi. Rituale di conoscenza e percorso di iniziazione alla saggezza, l’unico valido motivo per non soccombere il diventare Eroe, un non-morto-intellettualmente e artefice del preludio d’azione sublime. Fiedere, termine poetico ormai desueto, consiste nella ricerca altrui con lessico dai cardini binari bisogni/desideri … ascolto e mi fermo a riflettere sul modus operandi in linea pragmatica antropologica odierna di tale azione: domandando? Interrogando ? Implorando ? Un’istanza simile ad una preghiera, presente fin dal primo battito all’atto di concepimento e si protrae in esistenza che si in-futura; la costruzione di una cattedrale esistenziale in elevazione d’atto di volontà sfibrando il soma, il non luogo reale le cui fondamenta sono poste a pilastri quali dignità, autonomia e rispettabilità. L’analisi della decadenza immorale irrazionalità vigente sintomaticamnete richiama Dioniso dall’abissale inconscio a contaminare il pelago della vuota finzione dialettica alla luce effimera del sensibile. Utilità di die in die snocciola a prezzo di asservimento ove legge non conosce padrone e garante. L’ars vivendi in armonia mundi diviene dissonante all’irragionevole compagine attuale, amalgamata in lode a giustizia e onestà. Libertà, vocabolo che in questa lirica è autorevolmente assente evoca  pensiero, istruzione, espressione, l’ampiezza delle proprie possibilità e la stabilità della propria posizione, in un’asserzione, insomma, fluida, ma sempre rivolta al bene, al valore della persona. Amore terapeutico in giustizia e onestà diviene balsamo all’insana abitudine vigente del fra-intendimento e analfabetizzazione emotivi cui stiamo divagando le giovani generazioni che agognano una testimonianza concreta e credibile. Fondare la nuova umanità significa volgere creativamente ad Oriente la volontà della riflessione inesauribile tra scienza e mistica, incentrando i temi di Philia e Umanitas coniugati in reciprocità attiva.

Reload #TheCoevasIo

io “L’uomo nasce cattivo, va condizionato, plasmato e educato per renderlo sociale, soltanto il bene che sta nella ragione può fermare la natura violenta e condurre alla convivenza. Quell’IO costruito dalla sovrastruttura della cultura, degli insegnamenti, degli schemi della società che nella psicoanalisi lacaniana deve abbandonare il suo narcisismo, quella maschera che nasconde la vera struttura dell’essere umano che deve essere accessibile, analizzata, e capita. Ecco perché è necessario un attimo di riflessione, un momento storico per riunirsi e capire, dove stanno andando gli uomini e le donne, che direzione dobbiamo far loro prendere, rileggiamo insieme gli aspetti da tenere presenti, perché abbiamo capito che scienza, coscienza, religione, filosofia sono tutti strumenti di ragione. La consapevolezza che il sapere, le nuove acquisizioni della scienza hanno infranto quei buchi neri di non conoscenza, hanno spinto l’uomo e quindi anche la donna a ritenersi un Superuomo, capace di tutto, onnipotente, creatore e distruttore, gestore e artefice delle vite altrui, imbattibile e incorruttibile, insomma siamo nell’era dell’affermazione lampante del superuomo nitchiano. La sua svagellante determinazione a fare tutto, non gli concede defaillances e rifiuti e quei rifiuti, quei no, diventano sfide verso se stessa ma soprattutto verso l’altro, il guanto bianco lanciato da afferrare per sferrare la punizione di colei che … osa.La valutazione dei fatti, delle prospettive che l’azione può causare, porta al calcolo del “causa-effetto” e quindi al legame stretto che unisce scienza e filosofia, dove la scienza dà conoscenza e la filosofia dà saggezza (vedi Will Durant). Oggi il mondo di IO è un insieme di un essere vivente in preda al morbo del neoRinascimento, stesse situazioni, stessi effetti, ma negativi questa volta. La ragione, ma cosa è la ragione? Di donne così, che decidono di lottare contro il nemico, non per ideali utopistici, ma in nome della decenza contraria alla nostra natura corporea, per prendere la decisione di andare a uccidere e farsi uccidere. Resistente non esalta la bella morte, non esibisce i cadaveri dei nemici, se usa la tortura (e la usava) lo fa come necessità, consapevole del male intrinseco. L’innovazione che porta Io, non è la rottura o la rottamazione, è portare avanti il buono e correggere gli errori.”

M.C

“La Sottoveste Rossa” al Teatro Belli di Roma…. brivido d’Eros

la sottoveste rossaClelia si lascia sedurre da una voce…. in un teatro vuoto, pronta a tutto! La grazia, sull’onda di Epicuro, Dostoevskij e uno sguardo intriso di psicanalisi rappresentano la pozione adatta e ben coniata da Rosario Galli. Una voce fuori campo avvolge e divampa imperiosa a tratti e vellutata, magistralmente interpretata da Angelo Maggi, stringe emotivamente la protagonista al cui cospetto si schiude l’inaspettato.
Vi invito a gustare questo lavoro teatrale frutto dell’impeccabile regia di Claudio Boccaccini, che ha saputo calibrare le vibrazioni e relative intensità. Patricia Vezzuli sboccia a pieno titolo come donna e veste Clelia a fior di pelle, dimostrando di aver raggiunto una maturità interpretativa di livello ragguardevole indossando pathos ed eros in “La sottoveste rossa”, insieme ad una leggera ed incisiva Martina Menichini.

La Sottoveste Rossa
Teatro Belli
Piazza Sant’Apollonia 11/a 000183 ROMA
Tel 065894875 – botteghino@teatrobelli.it

Dal 29 gennaio al 16 febbraio 2014
Teatro Belli di Antonio Salines
P.zza di Sant’Apollonia 11 – Roma
Tel. 06 58 94 875

Da martedì a sabato: ore 21
Domenica: ore 17.30
Lunedì riposo

Biglietti:
Intero 18€
Ridotto 13€

Jane Austen

jane austen Jane Austen è considerata una delle più grandi autrici di lingua inglese. Benchè abbia scritto nel corso di tutta la sua vita, cominciando a stendere le prime versioni dei suoi romanzi già da giovanissima, riuscì a vedere pubblicato uno dei suoi libri solo all’età di trentasei anni. I suoi romanzi furono subito molto apprezzati, ma l’utrice rimase pressoché sconosciuta in vita, poiché pubblicò tutti i suoi libri, ad eccezione dei due postumi, in forma anonima. Tutto quello che sappiamo della sua vita schiva deriva dalle raccolte di memorie di alcuni suoi nipoti e da alcune raccolte di sue lettere.

Jane Austen nacque il 16 Dicembre 1775 a Steventon nella contea inglese di Hampshire, settima nata del reverendo George Austen e della moglie Cassandra Leigh.

Il padre di Jane era pastore della chiesa anglicana e rettore del collegio di Steventon.

I coniugi Austen ebbero in totale otto figli ( due femmine e sei maschi) e la piccola Jane crebbe in una famiglia numerosa, amante dei libri (il padre possedeva più di 500 libri) e del teatro ( i ragazzi spesso si divertivano a realizzare piccole rappresentazioni nel rettorato di Steventon).

A partire dal 1787 Jane cominciò a scrivere quelli che vengono definiti i suoi “Juvenilia”, cioè raccolte di parodie, abbozzi di romanzi e poesie, dal tono spesso umoristico, ispirati alla letteratura dell’epoca e spesso dedicati a parenti e amici.

I “Juvenilia” sono costituiti in totale da tre volumi: il primo scritto tra il 1787 e il 1790, il secondo tra il 1790 e il 1792, il terzo tra il 1792 e il 1793. Alcuni di questi lavori furono poi ripresi in epoca successiva per divenire romanzi veri e propri.

Fin dall’infanzia e fino alla fine della sua vita, la più cara amica di Jane Austen fu la sorella Cassandra a cui sono dedicati molti dei suoi primi scritti.

L’educazione di Jane e della sorella fu in gran parte affidata alla famiglia, solo fra il 1785 e il 1786 esse frequentarono una sorta di collegio per ragazze:la “Abbey school” di Reading.

Durante la sua prima giovinezza la vita di Jane e della sorella fu probabilmente presa da quelli che sembrano essere gli stessi interessi delle eroine dei suoi romanzi e cioè (oltre gli adorati romanzi) feste, balli, teatro, visite a Bah e a Londra e probabilmente flirt, come ci testimoniano alcune sue lettere.

Amava inoltre occuparsi dei nipoti e sembra fosse una zia adoratissima. Le sue nipoti preferite Fanny e Caroline Austen divennero da adulte delle vere e proprie confidenti di Jane a cui essa scrisse molte lettere.

Sembra che la giovane jane fosse una ragazza piuttosto carina (a dispetto dell’unico ritratto che abiamo di lei fatto dalla sorella Cassandra e che certamente non le rende giustizia) e non fu priva di ammiratori.

Tuttavia nell’epoca in cui visse Jane Austen intelligenza e bellezza non erano le uniche doti che una giovane dovesse possedere per poter coronare il proprio sogno d’amore; all’età di 20 anni si innamorò di un tale Thomas Lefroy che sembra la corrispondesse, ma purtroppo a causa di una totale mancanza di denaro da entrambe le parti non si sposarono mai ( un po’ come Willaoughby in Senno e Sensibilità). Sembra che questo abbia provocato non poca delusione nella giovane Jane.

Sorte ben più triste ebbe la sorella Cassandra: rimase fidanzata per ben tre anni con Thomas Flowe, non potendosi sposare sempre per mancanza di denaro, ma purtroppo questi morì di febbre gialla nei Caraibi dove si era recato come cappellano militare. Dopodichè Cassandra non si sposò mai.

Sempre nel 1797 il padre di Jane propose ad un editore “First  Impressions”, prima versione del futuro “Pride and Prejudice” (Orgoglio e Pregiudizio), ma l’editore si rifiutò

di prenderlo in considerazione.

A partire dal 1800 Jane Austen abbandonò la nativa Steventon e si trasferì a Bath con la famiglia dopo che il padre si era ritirato dal lavoro, lasciando la direzione della parrocchia al figlio maggiore James. Anche se in tutti i libri di Jane Austen non manca mai una visita a Bath, sembra che la scrittrice letteralmente odiasse questa città (forse perché lontana dalla casa natia e dalle amicizie di sempre).

Agli anni di Bath risale una “misteriosa” storia d’amore di cui sembra sia stata protagonista Jane Austen. Durante una delle estati trascorse al mare dalla famiglia Austen, probabilmente nei dintorni di Lyme, jane si innamorò di un gentiluomo con cui promise di incontrarsi una volta finita la vacanza. Purtroppo al ritorno a Bath Jane venne a sapere che il suo innamorato era morto (!!!).

Nel 1802 fu protagonista di un episodio abbastanza singolare. Jane e l’immancabile Cassandra erano ospiti a Manydown (vicino a Steventon) della famiglia Bigg, quando Harris Bigg-Whiter ( di sei anni più giovane) e piutosto ricco chiese la sua mano e, sebbene non lo amasse affatto, forse preoccupata di rimanere sola, Jane decise di accettarlo. La mattina dopo però Jane ebbe un improvviso ripensamento e lei e la sorella decisero di farsi portare in fretta e furia a casa del fratello a Steventon.

Purtroppo Cassandra distrusse tutte le lettere fra lei e la sorella in cui si faceva riferimento a questo episodio, altrimenti avremmo potuto sapere di più in merito al motivo della sua decisione, ma probabilmente l’unico vero motivo è che Jane Austen credeva nell’amore più di quanto essa stessa fosse disposta ad ammettere.

Dopo questo episodio Jane Austen non si sposò mai più.

Nel 1803 Jane Austen vendette ad un editore “Susan” (primo titolo di Northanger Abbey” o “L’abbazzia di Northanger“) al prezzo di 10 sterline. L’editore però non lo pubblicò subito come le aveva detto e libro fu dato alle stampe solo 14 anni più tardi, come opera postuma. Probabilmente sempre in questi anni scrisse “The Watson”, opera che non concluse mai, lasciandola in forma frammentaria.

Nel 1805 il padre di Jane morì e l’anno successivo la famiglia Austen (vale a dire Jane, Cassandra, la madre e la sorella di una cognata, Marta Lloyd, che nel frattempo era andata a vivere con loro) si trasferirono dapprima a Clifton e poi a Southampton, lasciando finalmente l’odiata Bath.

Un altro trasferimento avvenne nel 1809 quando il piccolo gruppo andò a vivere a Chawton nella casa fornita da uno dei fratelli Austen, Edward.

Nel 1810 Jane, perse le speranze di vedere pubblicato “Northanger Abbey”, presentò ad un editore “Sense and Sensibility” (Senno e Sensibilità”) e decise di pubblicarlo a proprie spese. Il romanzo apparve in forma anonima, l’autrice si firmò “by a lady”, nel 1811. Il romanzo ebbe successo e fruttò 140 sterline alla scrittrice.

Nel 1813 fu pubblicato anche “Pride and Prejudice” e anche questo libro riscosse un buon successo e come “Sense and Sensibility” ne fu fatta presto una ristampa.

Da questo momento in poi, anche se la figura dell’autrice rimase ancora avvolta nel mistero, Jane cominciò forse a sentire il peso della pubblica opinione e i suoi romanzi cominciarono ad avere un taglio leggermente diverso, più attento a rispettare la morale comune (in un certo senso sono meno “romanzeschi”).

Nel 1814 apparve “Mansfield Park”, la cui prima edizione andò esaurita nel giro di 6 mesi; tuttavia una seconda edizione non ebbe lo stesso successo (questo è ancora oggi uno dei libri meno amati di questa autrice, forse perché certamente il meno ironico).

Nel 1815 apparve “Emma” dedicato al principe reggente (tale era la fama della misteriosa “lady” che poteva permettersi anche questo) e fortunatamente questo libro fu abbastanza apprezzato dal pubblico.

Sempre nel 1815 cominciò a scrivere “Persuasion” (Persuasione), l’ultimo e forse più romantico libro di Jane Austen, che venne finito l’anno successivo. Nel corso dello stesso anno cominciò a sentirsi male, manifestando i sintomi della malattia che l’avrebbe consumata. Nel 1817 cominciò a lavorare ad un altro romanzo “Sanditon” che venne però lasciato incompleto. Nell’aprile del 1817 fece testamento lasciando tutto alla sorella Cassandra e il 18 Luglio 1817 morì a Winchester, dove si era recata per curarsi a causa forse (questo non è del tutto certo) di una forma del morbo di Addison.Fu seppellita nella cattedrale di Winchester.

Persuasione e Northanger Abbey furono pubblicati postumi a cura del fratello Henry, che spesso si era occupato nel passato di fare da agente lettterario per la sorella presso gli editori. Solo dopo la sua morte i libri di Jane riportarono finalmente il nome dell’autrice.

Molti anni dopo la sua morte alcuni dei suoi parenti si dedicarono a raccogliere materiale sulla vita della scrittrice. Una delle biografie più famose è il “Memoir” scritto dal nipote James Edward Austen.

Mariangela Melato: il volto dell’arte dall’Orlando furioso a Filumena Marturano.

Mariangela Melato ha lasciato la vita terrena ma c’è già l’immortalità che l’ha accolta, quella dell’arte: diverse sono le muse che se la contenderanno chi per la commedia, chi per la tragedia, chi per la danza, chi per la storia come Clio. Tutti formati, registri e stilii che Mariangela Melato ha portato con sé in quei 71 anni di lunga e forte carriera. Ha cominciato come pittrice e vetrinista alla Rinascente e poi i palcoscenici non li ha abbondati più quelli del teatro di Orestea o dell’Orlando Furioso diretto da Luca Ronconi, poi quelli filmati, i set, dove da un ruolo all’altro ha raccontato un’Italia del boom, quella classista e quella che si spacca la schiena per vivere. E mentre lo faceva, intanto, con l’aura del talento, ha insegnato recitazione anche a chi non voleva mai fare l’attore. Impossibile non notare la sua bravura, quella calamita che scatta in chi ha dentro il campo magnetico di tutte le emozioni umane e lo trascina fuori da sé per farci capire le forze della vita.

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Quando una persona va via è impossibile non ricordarsi del volto, e sarà ancora più impossibile con Mariangela Melato. Lei non aveva il volto classico dell’attrice, era un volto spigoloso, intenso, con i tratti teutonici e meneghini quelli di padre e madre. Un volto spiazzante come lo è stato quello di Anna Magnani o come lo è quello di Monica Vitti. Ed è proprio con un volto che ha saputo restituire le mille facce dell’Italia nelle sue sfumature. Con quel viso ha fatto il grandissimo teatro: recuperare, ad esempio, l’Orlando Furioso passato anche in tv e qualche volta trasmesso di notte, è cosa buona e giusta. Con quel volto è stata Raffaella Pavone Vanzetti classista e viziata in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto di Lina Wertmüller che nonostante l’amore, scappa in elicottero da ricchi. Poi quel volto si è scurito per fare Lidia, l’amante di Lulù (Volonté) ne La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, 112 minuti di storia italiana del cinema e non, come il surreale Todo Modo, sempre diretto da Petri e sempre con una incredibile Mariangela Melato. E poi ha parlato di emancipazione femminile nella commedia La poliziotta di Steno, la donna incrollabile che cambia il suo nome in Giovanna, in onore di Giovanna d’Arco, e diventa vigilessa in una società maschilista. Ovviamente oltre alla memoria collettiva, a ricordare la sua forza c’è una bacheca di David di Donatello e Nastri d’argento bella robusta. I più grandi del cinema italiano l’hanno voluto per le loro opere.

Con quel volto ha lasciato l’ultima sua testimonianza audiovisiva in Filumena Marturano, andato in onda il primo gennaio 2013 su Rai Uno, e con grazia e intenzione ha ricordato che «i figli sono figli». Anche i figli dell’Arte vanno via, ma il loro volto è anche il volto dell’arte come quello di Mariangela Melato.

 

Extremo IO

A sensorial documentary film on the novel “IO” by TheCoevas

La carne – Marco Ferreri

Goditi La carne on line 

 

Impiegato comunale, pianista per hobby in un pubblico locale, divorziato con due figli (se ne occupa la ex moglie), Paolo ricorda spesso sua madre e la Prima Comunione, con la quale gli pare di vivere una esperienza totalizzante nel divino. Nel night dell’amico Nicola conosce la giovane Francesca: opulenta, reduce da un aborto, assolutamente “fisica”‘, malgrado il fascino spirituale subito frequentando un guru indiano. L’intimità scocca fra i due: per Paolo è la vittoria dell’ultrasesso e della fusione che tutto completa ed esalta, fusione che la sacerdotessa gli assicura grazie ad una speciale tecnica orientale, che permette al compagno uno stato di permanente efficienza. I due si rifugiano su di una spiaggia isolata a sud di Roma, dove Paolo ha una casetta. Riempito il frigo di carne e altro cibo, la coppia passa il tempo in amplessi, interrotti solo da una rapida incursione dei due figli in visita a Paolo e da un gruppetto di amici. Ma Francesca è migrante, come le cicogne che volano nei paraggi e ad un dato momento pensa di andarsene in altri lidi, mentre il partner capisce che per “comunicare” davvero non c’è che una alternativa: o amarsi totalmente, o fare a pezzi quel corpo bianchissimo e voluttuoso di donna, metterlo in frigo e mangiarselo in riva al mare davanti al sole. Così, dopo aver fatto animalescamente l’amore nella cuccia del prediletto cane Giovanni, l’ansia insana di Paolo viene appagata.

GENERE: Grottesco

REGIA: Marco Ferreri

SCENEGGIATURA: Marco Ferreri, Liliana Betti, Massimo Bucchi, Paolo Costella

ATTORI:

Sergio Castellitto, Francesca Dellera, Philippe Leotard, Farid Chopel, Petra Reinhardt, Gudrun Gundlach, Nicoletta Boris, Pino Tosca, Sonia Topazio, Clelia Piscitelli, Elena Wiedermann, Eleonora Cecere, Matteo Ripaldi, Daniele Fralassi, Salvatore Esposito

Ruoli ed Interpreti

FOTOGRAFIA: Ennio Guarnieri

MONTAGGIO: Ruggero Mastroianni

PRODUZIONE: GIUSEPPE AURIEMMA PER M.M.D. PRODUZIONE

DISTRIBUZIONE: CHANCE FILM DISTRIBUZIONE (1991) – PANARECORD

PAESE: Italia 1991

DURATA: 95 Min

FORMATO: Colore PANORAMICA A COLORI

VISTO CENSURA: 14

CRITICA:

“Ferreri ha privilegiato soprattutto il paradosso, non disdegnando, nel comporlo, scherzi e aforismi d’ogni tipo. In più di un risvolto narrativo riesce a farsi seguire con un certo interesse. C’è finalmente Francesca Dellera non doppiata. Non recita, ma dovendo proporsi come oggetto, basta e avanza. (Gian Luigi Rondi, Il Tempo,10/5/91).”Se il film fa venire buon appetito è grazie alla sua tenuta spettacolare, tutta affidata alla stravaganza, alla vivacità dell’andamento, al surrealismo delle situazioni. Il maggior dono del film è comunque Francesca Dellera; è il simbolo prezioso d’una femminilità sublimata dall’estremo sacrificio infantile e materna nella sua ghiottoneria. (Giovanni Grazzini, Il Messaggero, 10/5/91).”Ferreri insegue troppi temi che non hanno un logico sviluppo. E la sua estrema sfida consiste nel consegnarci un film divertente, sgangherato e onnicomprensivo. (Irene Bignardi, La Repubblica, 10/5/91).”Che il film sia divertente, non direi proprio. Al di là di certi passaggi, è opaco, stiracchiato. Neppure tanto preciso nel suggerire il “sugo” della storia. (Francesco Bolzoni, Avvenire,11/5/91).

NOTE:

REVISIONE MINISTERO FEBBRAIO 1993 – REVISIONE MINISTERO APRILE 1993.