Simone De Beauvoir: voce e coscienza del secondo Dopoguerra europeo

Tra le personalità più alte e complesse del panorama culturale del XX secolo, Simone de Beauvoir, occupa certamente uno spazio preminente. Spesso le sue conquiste intellettuali, il suo impegno, sono state messe in ombra dalla sua relazione con il filosofo esistenzialista J.P. Sartre che innegabilmente, nel panorama culturale del suo tempo, svolgeva un ruolo egemone.

Certo, nella Francia degli anni quaranta e cinquanta era nota come la “Grande Sartreuse” o la “Notre Dame de Sartre”, ma questo non rappresentò per sempre un ostacolo. Senza mai prevaricare o mettere in discussione la supremazia intellettuale del suo compagno riuscì ad imporsi alla critica e al grande pubblico, occupandosi di temi importati quali il femminismo, emblematicamente rappresentato dal libro Il secondo sesso o la condizione degli anziani di cui si occupò nel più tardo La terza età.

La sua capacità di osservare lucidamente e criticamente la società del suo tempo, le ha  permesso  di essere ricordata come un personaggio centrale nella storia dell’emancipazione femminile, ma anche un riferimento importante rispetto a molti altri fatti che la Storia ha imposto.

Simone de Beauvoir nasce a Parigi il 9 gennaio 1908. Prima figlia di un’agiata coppia appartenente alla più austera borghesia francese, vive un’infanzia da “ragazza perbene”, come racconterà lei stessa nelle preziose opere autobiografiche. Non tarda a compiere scelte forti che alimentano il dissidio con la famiglia e decretano il definivo distacco dalle sue origini borghesi. La decisione,  di specializzarsi in filosofia alla Sorbonne e dedicarsi successivamente  all’insegnamento, rappresenta il primo grande momento di contrasto con la famiglia, alimentato più tardi dalla scelta  decisamente antiborghese di vivere l’intenso e duraturo rapporto sentimentale con J.P. Sartre, senza arrivare mai al matrimonio. Un incontro “totalizzante” quello con Sartre, caratterizzato da una forte intesa intellettuale oltre che sentimentale, una delle cose meglio riuscite della sua vita, come spesso amava ripetere. Fatto di indipendenza ed uguaglianza culturale, ingredienti fondamentali per la durata di un pur sempre singolare rapporto che lasciava  molto spazio ai cosiddetti  amori “contingenti”  vissuti da entrambi e che ancor di più contribuirono  a rendere scandalosa la loro unione.

L’opera di Simone de Beauvoir abbraccia un lungo e significativo  periodo di tempo, all’interno del quale è possibile rintracciare l’evoluzione del suo pensiero: dalla prima   presa di coscienza politica negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo conflitto mondiale, in cui impegnarsi concretamente diventa una necessaria assunzione di responsabilità da parte degli intellettuali del tempo,  fino ad arrivare al momento più significativo della sua attività, che la vede sempre più impegnata civilmente.

Capisce, nell’infuocato e  ancora ideologicamente frammentato panorama politico del suo tempo, quanto le parole possano diventare significativi strumenti di lotta. Con i suoi libri, i suoi articoli-denuncia  apparsi su Les Tempes Modernes (rivista fondata nel 1945 da J.P. Sartre) diviene il grillo parlante, la voce della coscienza che spinge alla riflessione sui temi forti che il clima post-bellico porta alla ribalta. Gli innumerevoli viaggi compiuti in tutto il mondo (grazie alla sua attività di saggista) saranno per lei motivo di conoscenza ed approfondimento e le permetteranno di avere sempre una lucida conoscenza dei fatti del mondo.

I suoi resoconti di viaggio, L’America giorno per giorno e  La lunga marcia diventano dei veri e propri testi ricchi di informazioni circostanziate sulla cultura e la società americana e cinese.  In particolar modo,  ne La lunga marcia, pubblicato nel 1958,   riuscì  a  far comprendere tutta la complessità di un paese fino a quel momento ancora poco conosciuto, attraverso una ricostruzione accurata di quella società. “E’ vano voler descrivere questo paese: esso deve essere spiegato”: questo l’intento dichiarato dall’autrice nelle parole  conclusive   di introduzione al libro stesso. E così, man mano vengono analizzati e discussi  la condizione dei lavoratori, la situazione femminile, quella familiare, la povertà in un paese che si presenta ricco agli occhi del mondo, i mutamenti che il comunismo si propone di portare e non ultima la considerazione su come sia “diverso” il modo di pensare rispetto al concetto di libertà. Nonostante rimanga critica su alcuni aspetti, accoglie positivamente  il modello proposto da Mao, indicandolo  come l’unico possibile, capace di adattarsi alle esigenze di un paese  dalla  complessa storia millenaria.

Simone de Beauvoir negli anni della guerra si era avvicinata al marxismo, senza tuttavia aderire in maniera formale al Partito comunista. Non ebbe  remore alcune a  prenderne le distanze quando si accorse  che non  vi era  più alcun punto di contatto tra il comunismo e la sua idea di giustizia. L’invasione sovietica di Ungheria e Cecoslovacchia cancellano definitivamente qualsiasi possibilità di ritrovare un punto di convergenza con il comunismo. “La libertà era la mia unica regola. Misuravo il valore di un uomo in base a ciò ch’egli faceva: alle sue azioni, alle sue opere.” Così molti anni più tardi fugherà ogni dubbio in merito alla sua appartenenza ideologica, respingendo al mittente l’immagine da doppiogiochista che alcuni ambienti intellettuali tentarono di cucirle addosso. La sua grandezza va ricercata proprio nell’aver avuto la capacità di valutare i fatti legandoli  sempre ben saldamente  alla contingenza della Storia, mettendo in discussione se stessa ed  evitando di rimanere imbrigliata tra le maglie delle appartenenze ideologiche.

Libertà  e giustizia sono il comune denominatore della duplice e instancabile attività della de Beauvoir. L’impegno civile, attraverso i suoi libri, i suoi innumerevoli articoli ed interventi in giro per il mondo, diviene attività costante e necessaria per dare voce agli oppressi del mondo: la tortura nella guerra d’Algeria, le violazioni della guerra in Vietnam, la repressione della polizia nei confronti degli studenti protagonisti del maggio francese, sono solo alcuni dei fronti caldi in cui si trovò a combattere. Saranno però le battaglie femministe intraprese a partire dai primi anni ’70 che la consegneranno alla Storia come l’emblema assoluto del femminismo impegnato.

Già nel 1949, Simone de Beauvoir scosse il mondo dell’editoria francese, pubblicando un testo che  preannunciando le battaglie femministe successive, ancora oggi, a distanza di  sessant’anni, non ha messo gli animi in accordo.

Il testo in questione, la cui pubblicazione fu curata dalla casa editrice parigina Gallimard,   è Il secondo sesso e nonostante alcuni  librai parigini ne  boicottarono fortemente la diffusione,  il libro riuscì a vendere  migliaia di copie in poche settimane, ed oltre a sancire  il definitivo successo della scrittrice e filosofa fu anche il libro dello scandalo  che sollevò  un’ondata di violento clamore, alimentando decine di articoli e recensioni che nella maggior parte dei casi non si dimostrarono    teneri nei confronti dell’autrice, ma che non riuscirono ad arginarne la diffusione  visto che ben  presto   fu tradotto ed apprezzato anche fuori dai confini francesi.

Il secondo sesso rimane ancora oggi un opera imponente ed attuale. L’autrice ricostruisce e  ricompone magistralmente ciò che nessuno fino a quel momento aveva fatto con tanta completezza: l’essere donna  analizzata nelle sue infinite sfaccettature. Con la naturalezza a lei consueta scrive di lesbismo, maternità  e prostituzione, di aborto e controllo delle nascite, ma non è mai sfrontata, fa ricorso alla letteratura, al mito, alla filosofia. Non manca di individuare quanti nel corso del tempo hanno alimentato la costruzione sociale della donna recepita come “altro”, offrendo un riferimento fondamentale ai movimenti femministi che arriveranno più tardi.

Il contenuto di alcuni capitoli, uno dei quali difendeva  la libertà d’aborto, irritò profondamente  il mondo cattolico, tanto da spingere la Chiesa a far inserire il libro

 nell’indice dei libri proibiti, con editto Vaticano del 1956.

L’onda d’urto fu violenta. E la Francia  che  fin dagli anni ’30, si era impegnata in  una politica di sostegno alla famiglia e alla maternità,  con assegni familiari e altre iniziative rivolte a risollevare una natalità in calo, sentì scricchiolare dalle fondamenta ciò che per anni sia la destra che la sinistra avevano pazientemente costruito rispetto ad una politica di promozione demografica.

Il femminismo di Simone de Beauvoir non fu mai ostile nei confronti degli uomini, il suo atteggiamento mai di sfida. “Uno dei malintesi suscitati dal libro è che si è creduto che io negassi qualsiasi differenza tra uomo e donna: al contrario, scrivendo ho misurato ciò che li separa, e ciò che ho sostenuto è che le diversità esistenti fra loro sono di ordine culturale e non naturale”: così fuga ogni dubbio sul reale significato del suo lavoro,  parlandone nel suo secondo libro autobiografico,  La forza delle cose, dove ancora una volta si racconta, proiettandoci nel contesto di concepimento di un testo fra i più criticati e fraintesi.

La vita di Simone de Beauvoir fu costellata da azioni forti, volutamente provocatorie, capaci di portare l’attenzione su grandi temi. Sul fronte delle battaglie a favore delle donne, una fra tante merita di essere ricordata: la sua adesione a Les manifestes des 343.

Il 5 aprile 1971, la rivista Le Nouvelle Observateur, pubblica un manifesto in cui 343 dinne dichiarano di avere abortito. La loro richiesta riguarda la possibilità di abortire liberamente e il libero accesso ai metodi anticoncezionali. Tra i nomi delle 343 firmatarie, oltre a quelli di molte donne note (M. Duras, C. Deneuve, F. Sagan, ecc.) compare anche quello di Simone de Beauvoir. Il gesto dichiaratamente provocatorio, fu

seguito da immediate reazioni da parte del mondo politico e dell’opinione pubblica. In Francia fin dal 1920 e negli anni del governo Petain  l’aborto era considerato reato, e proibita ogni tipo di propaganda in favore della contraccezione. Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, fu abolita la pena di morte per tale reato e istituiti i tribunali speciali per far fronte ai molti casi che si verificavano.

Ma i tassi di aborti illegali continuavano a rimanere molto alti, e dopo la legalizzazione dell’aborto in Inghilterra, erano molte le donne  francesi a recarsi oltremanica. L’azione promossa in Francia dalle firmatarie del manifesto presto fu imitata in altri paesi e la confessione di un reato punibile con anni di carcere non potè più essere ignorata, tanto da riuscire a sollecitare il cambiamento della legge. Sfruttando l’onda emotiva che la protesta aveva sollecitato, il Ministro della Sanità, Simone Weil decise di portare il dibattito al cospetto dell’ Assemblèe National. Il 1° gennaio 1975, dopo un dibattito infuocato, che vedrà un parlamentare deporre sul banco dei Ministri, un feto sotto formalina,  venne adottata per 4 anni la legge che porterà il suo nome. Nel 1976, legalmente riconosciuto, vide la luce il Movimento francese per la pianificazione familiare.

Gli anni ’70 sono costellati da eventi significativi che premono significativamente sul fronte dell’emancipazione femminile. A partire dal 1974 Simone de Beauvoir presiederà La lega dei diritti delle donne, organismo preposto a vigilare e intervenire su ogni atto discriminatorio nei confronti delle donne, oltre che a voler informare le donne dei loro diritti. La più importante delle creazioni della Lega, sarà nel 1975 l’istituzione di un Tribunale Internazionale dei crimini contro le donne. In quegli stessi  anni, anch’essa  presieduta da Simone de Beauvoir,  vedrà la luce l’associazione Choisir , interessata principalmente a difendere e assistere gratuitamente qualunque persona accusata di aborto o di complicità con esso. L’obiettivo prioritario rimaneva quello di ottenere la soppressione di tutti i testi di legge repressivi relativi all’aborto e rendere la contraccezione libera, totale e gratuita.

Attraverso la rivista J’accuse, farà ancora sentire la propria voce, battendosi per i diritti delle madri nubili, ma sarà su  Les Temps Modernes  che ritaglierà un apposito spazio per la rubrica  «Le sexisme ordinaire» per denunciare ogni forma di sessismo presente nella stampa, nella politica e nella pubblicità.

Altro fronte di impegno diverrà in quegli anni la battaglia per il divorzio. Sarà la prefazione di un libro, curata dalla de Beauvoir, a far da cassa di risonanza ad una legge che rimaneva  ancorata agli anni del governo Petain (Legge del 2 aprile 1941) che mirava a rendere estremamente difficile e lunga la procedura di divorzio, nel tentativo di contrastarne il fenomeno. Il libro-confessione, Divorce en France di Claire Cayon, non lasciò indifferente l’opinione pubblica anzi focalizzò l’attenzione su alcuni aspetti della legge, uno dei quali poneva alla stregua di una “diserzione”, l’abbandono della famiglia, ritenendolo un reato penale. Il dato più penalizzante per la donna riguardava l’assenza di un uguaglianza di doveri tra uomini e donne, anzi per la donna il dovere della fedeltà pesò più di ogni altro. A tal punto che una successiva legge, quella del 23 dicembre 1942, represse specificatamente l’adulterio commesso dalla moglie, “nell’intento di proteggere la dignità del focolare”.

Rievocare l’impegno, le numerose battaglie di cui de Beauvoir è stata protagonista vuol dire non soltanto renderle il merito di essere stata una attenta critica della società del suo tempo,  ma vuol dire soprattutto  aprire un’ampia finestra sui più importanti fatti della storia tra gli anni quaranta e ottanta del nostro novecento. Attraverso le molte controversie intellettuali di cui è stata  protagonista, ci ha restituito il clima culturale e sociale di quegli anni difficili, evidenziando il  profondo contrasto esistente tra mondo sognato e la dura realtà dei fatti.

Rispetto alle molte cose che sono state scritte su Simone de Beauvoir amo ricordare quelle della giornalista  Barbara Spinelli che in un articolo  apparso sul quotidiano “La Stampa” il 15 aprile 1986, giorno successivo alla sua morte, ne coglie al meglio l’importanza storica: “Simone de Beauvoir era un agglomerato di fede nelle grandi ideologie progressiste, nelle scelte di campo, nell’importanza capitale dell’impegno politico, nelle esistenze individuali che si mescolano con la vita militante e con essa sono chiamate a confondersi. Era una coscienza d’Europa, sempre vigile, e dopo di lei è difficile vedere chi possa sostituirla”.

La Vestale della memoria (così la definì la Spinelli), morì il 14 aprile 1986, a 78 anni. Il 19 aprile, un corteo funebre di diecimila persone, l’accompagnò fino al cimitero di Montmatre, dando l’ultimo saluto a colei che caparbiamente aveva combattuto “per la fine dell’infinità schiavitù delle donne”.

Nel 2008  la Francia ha ricordato con manifestazioni di grande respiro culturale, la figura di Simone de Beauvoir, ricorrendone i cento anni dalla nascita. L’Italia  è stata un po’ meno attenta nel ricordarla e, ad  eccezione di pochi importanti momenti di discussione, non  è emersa la vera volontà di sottolineare  la centralità dell’impegno culturale e civile profuso dalla scrittrice nei suoi tanti anni di attività.

A testimoniare la sua importanza, ci sono l’impegno e il rigore scientifico con cui la Simone de Beauvoir Society di New York, dal 1981  sollecita la proliferazione di studi rivolti, più recentemente, ad evidenziare l’elaborazione di una  personale visione filosofica della de Beauvoir, del tutto autonoma da quella del suo compagno, J.P.Sartre.  Anche il 2009 è stato anno di celebrazioni, ricorrendo infatti il sessantesimo anniversario della pubblicazione de Il secondo sesso, testo emblematico per la storia del femminismo militante.

Riferimenti bibliografici:

Simone de Beauvoir, A conti fatti, Einaudi,Torino 1973.

Simone de Beauvoir, L’età forte, Einaudi, Torini 1978.

Simone de Beauvoir, La forza delle cose, Einaudi,Torino 1978.

Simone de Beauvoir, Memorie di una ragazza perbene, Einaudi, Torino 1994.

Simone de Beauvoir, La lunga marcia, Oscar Mondadori, Milano 2006.

Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano 2006.

Georges Duby, Storia della Francia, Tascabili Bompiani, 2001.

G.Duby – M. Pierrot, Storia delle donne in occidente, Laterza, Roma-Bari 1992.

Enza Biagini, Simone de Beauvoir, La Nuova Italia, Firenze 1982.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.