Opus Pistorum

Opus Pistorum di Henry Miller

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Un’autentica girandola di imprese orgiastico-amatorie, in una Parigi cosmopolita e peccaminosa. “Opus pistorum” fu scritto nel 1941 su istigazione dell’amico libraio Milton Luboviski, che voleva una serie di libri in cui si parlasse soltanto di sesso. Ne nacque questa storia senza trama, che ripropose con forza il “caso” Miller. Il titolo stesso del libro è chiaramente allusivo: ‘pistor’ in latino significa ‘mugnaio’ come ‘miller’ in inglese; ‘opus’, opera, di Miller dunque anche di chi pesta come in un mortaio (con l’evidente implicazione sessuale che l’espressione comporta).
Il protagonista, Alf, con la collaborazione delle sue amichette (e di qualche amico), si getta a capofitto nel sesso come avventura da vivere senza risparmio di energie. Ne scaturisce il racconto di un mondo di felicità erotica intesa quale unica speranza di salvezza e via d’uscita per i disperati, i falliti e diseredati che lo popolano; un mondo spiato con l’occhio realista tipicamente americano e descritto nel tono aggressivo, e un po’ strafottente, del Miller “parigino”.

Opus

Fiato alle trombe come mai prima d’ora, irruppe Henry Miller sul panorama della letteratura mondiale come un macigno rotolante sull’orlo del collasso d’istinti bestiali. In una Parigi che non ha tempo, né storia, si muove Alf, americano in trasferta europea, ed i suoi amici dalle esistenze torbide scandite solamente da incandescenti incontri sessuali con esseri femminili dalle perversioni più accese. Vibrando colpi fallici a destra e a manca, il protagonista di questa vicenda senza reale trama si tuffa gioiosamente, e anni luce lontano da una benché minima traccia di coscienza, nell’euforia dionisiaca di incontri scabrosi consumati al ritmo osceno del peggiore b-movie dei nostri tempi, concedendosi liberamente ad ogni occasione il caso gli pari innanzi al coso.
Vietato dalle produzioni letterarie di ogni luogo e messo all’indice dai censori moderni, l’opera più estrema di Miller visse una nuova vita solo a partire dalla metà degli anni ’80, quando una critica più attenta, proveniente in particolar modo dai vecchi ranghi della beat generation, ne esaltò lo slancio vitalistico e la denuncia insita nello squallore delle sue dinamiche. In ogni caso, checché ne dica Fernanda Pivano (sua l’interessante postfazione dell’edizione Feltrinelli), l’incedere volutamente scurrile della narrazione ed i particolari espliciti cui lo scrittore newyorkese si concede, poco hanno da invidiare alle produzioni pornografiche di categoria, se non fosse per quel particolare finale che ne svela l’autentica essenza e ne differenzia i principali connotati, laddove il sogno erotico del protagonista ed il suo perdersi nei meandri del sesso più estremo si dissolvono inavvertitamente al cospetto di una realtà che tradisce il malcostume di un degenere distruttivo e priva di ogni piacevole velleità fornicatrice le figure decerebrate che ne popolano le desolate vie.

Pornografia o romanzo erotico? Il libro “Opus Pistorum” di Henry Miller non si cela dietro una maschera: è la raccolta di scritti pornografici commissionati nel ‘42 dal libraio Milton Luboviski, amico di Miller; un’attività che permise all’autore di fronteggiare, almeno temporaneamente, i suoi quotidiani problemi economici.
L’assenza di una trama narrativa ne é conseguenza diretta: pagina dopo pagina, il lettore segue il protagonista Alf nelle sue avventure erotiche, offerte da una Parigi più lussuriosa che mai. Orge, incesti, messe nere con risvolti sessuali fino ad uno stupro di gruppo, sono gli scenari entro i quali l’autore ha dato vita alle proprie fantasie più sfrenate riguardanti il sesso, usando il linguaggio crudo e diretto che l’impresa stessa richiedeva. Nessuna vicenda, nessuna storia tradizionalmente intesa coinvolge i personaggi, che restano, in definitiva, nomi e soprattutto corpi alla ricerca della pura soddisfazione sessuale.
Il protagonista, tuttavia, emerge dallo sfondo e, nonostante non possa dirsi un personaggio a tutto tondo, mostra un certo tratteggio psicologico. E’ questa figura che fa percepire la presenza di un vero scrittore, nonostante l’argomento in sé privo di fini letterari: Alf è dotato di acume, cinismo e ironia pungente. I suoi commenti colpiscono per la concisione spesso inversamente proporzionale all’intensità, scavalcando a volte l’ambito sessuale, a cui comunque fanno riferimento, per arrivare all’essere umano, alla Vita. Pur guardando un corpo di donna, o una sua parte, viene colto spesso qualcosa di più profondo, l’essere che si esprime attraverso il sesso: “Vorrei entrarci tutto, in quella caverna, e aggirarmici, ed esplorarla […] Me li immagino, i cadaveri degli uomini che hanno tentato di possederla, accatastati lì dentro, in decomposizione, verminosi, ma ancora frementi di desiderio inappagato“.
Visioni apocalittiche come questa non sono rare e contribuiscono a dare l’idea del rapporto sessuale come una battaglia all’ultimo respiro, quasi il gesto estremo prima del buio della morte, una presenza che incombe inquietante: “Non voglio morire […] ci sono troppe cose da vedere, troppe cose da fare, e fintanto che sei vivo dovrebbe essere impossibile stancarsi di possedere quella piccola scintilla di coscienza… Fintanto che sei vivo! Ma viviamo in un mondo di fantasmi. Il mondo è mezzo morto prima di nascere“.
Considerando la marginalità sociale dei personaggi che popolano questa Parigi di carta – prostitute e perdigiorno senza un quattrino – l’unico orizzonte di affermazione sembra restare solo l’esperienza sessuale. L’esistenza sfugge via tra le dita, ma l’erotismo sfrenato dona l’illusione necessaria per sentirne ancora il controllo. Sembra di osservare uomini e donne alcolizzati di sesso, poiché ne sono di volta in volta storditi ed inebriati. Infatti, Alf commenta così l’ennesima esperienza con due ragazze: “Fine di una lunga, lunga cavalcata. Finito, tutto finito. Adesso incomincio a chiedermi dov’è che sono salito su questa giostra, e perché mai ne sono sceso proprio in questo posto… Bah, un posto vale l’altro, suppongo. Il trucco consiste nel non soffrire troppo di vertigini mentre la giostra gira, dimodoché tu possa camminare diritto quando scendi. Da questa parte per le Montagne Russe… per l’Otto Volante! Vi porteranno da nessuna parte, in maniera ancor più inebriante, lasciandovi senza fiato“.
Nonostante si trattasse di scrivere solo pornografia, Miller ha dimostrato di non poter limitare il suo essere un grande autore.

2 pensieri su “Opus Pistorum

  1. Opus Pistorum è un grande libro, coraggioso ed eccitante, provate a leggere “Amore, eiaculazioni & altri contrattempi” di Benny Siro

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