Studi microlinguistici

Il livello d’ analisi micro- sociolinguistico riguarda l’ analisi degli eventi di interazione verbale tra singoli individui .

L’ unità minima di analisi è in questo caso l’ atto linguistico , cioè la più piccola unità suscettibile di costituire una interazione comunicativa, espressa dal parlante senza che vi si sovrapponga l’ intervento di un altro individuo ( può andare da una singola parola a un lungo discorso ). L’ atto di comunicazione linguistica viene studiato secondo lo schema ( già ricordato precedentemente ) della teoria dell’ informazione, che comprende sei variabili : Emittente, Ricevente, Codice, Messaggio, Canale e Contesto.

In corrispondenza con tali fattori il linguista Jakobson ha distinto sei funzioni della lingua :

  1. referenziale,
  2. emotiva,
  3. imperativa,
  4. fàtica,
  5. metalinguistica ,
  6. poetica.

La funzione referenziale riguarda il contesto ( è incentrata sul referente ) , e si ha quando il messaggio si riferisce a qualcosa (/Il libro è sul tavolo/) . Quella emotiva intende esprimere le emozioni del locutore ( è incentrata sulla fonte ); quella imperativa trasmette un comando, e intende determinare un comportamento preciso nel ricevente ( è incentrata sul destinatario ) .

Nella funzione fàtica o “ di contatto ” ( che è incentrata sul canale ) il messaggio serve soprattutto a sottolineare la continuità della comunicazione ( / Sì, certo/ ; / Va bene/ .

In quella metalinguistica ( incentrata sul codice ) i segni servono ad indicare altri segni, come quando la lingua viene usata per descrivere se stessa .

Nella funzione poetica il messaggio è organizzato esteticamente ( l’ attenzione è rivolta alla strutturazione interna della comunicazione ).

In ogni atto comunicativo sono presenti più funzioni, anzi spesso sono presenti tutte ; ma solo una di esse appare dominante, e da ciò si determina il tipo di emissione comunicativa.

La cosa principale da ricordare è che il linguaggio è un “modo di agire”, serve cioè ad esprimere una richiesta, una preghiera, un comando, una promessa, ed a suscitare una certa risposta.

Ma questi modi di espressione sono determinati socialmente. Ad esempio Fishman ricorda come si possa dire : /Vieni/ , /Venga/, /La pregherei di venire/, /Sono qui che ti aspetto/, producendo cioè frasi equivalenti dal punto di vista referenziale ma strutturate molto diversamente.

Così, per invitare qualcuno a spegnere la radio si può dire : /Spegni la radio, non vedi che il bambino sta dormendo !/ oppure : /Potrebbe spegnere la radio, per favore ? Il bimbo s’ è assopito/ o anche : /Spegniamo, tanto non stiamo a sentire/.

Il locutore deve dunque effettuare una selezione tra una serie di espressioni con referenti equivalenti, non tenendo conto soltanto della corretta espressione grammaticale, ma anche della accettabilità sociale dell’ emissione, variabile a seconda delle situazioni.

Ad esempio, come scrive E. Goffman : “ Colui che parla si rivolge a una persona del suo sesso o a una persona dell’ altro sesso ? A un superiore o a un subordinato ? A una sola persona che è alla sua presenza o al telefono ? Sta leggendo un documento scritto o improvvisando ? E la situazione è formale o informale ? Normale o di emergenza ? ”.

In ogni atto linguistico bisogna dunque tener conto della situazione , cioè della presenza di fattori non linguistici, come il contesto extralinguistico ( l’ insieme di fatti e di cose presenti al momento della comunicazione ) , il tempo e il luogo della trasmissione del messaggio, nonché il sottinteso ( l’ insieme di conoscenze reciproche del parlante e dell’ ascoltatore ) e i ruoli ( le posizioni sociali occupate dagli individui implicati ).

Fishman descrive la situazione come : “ definita dalla presenza contemporanea di due ( o più) interlocutori che sono in una determinata relazione fra di loro e che parlano di un determinato argomento in un determinato ambiente.

Così un certo gruppo o comunità sociale può definire un ‘birra- party’ fra universitari come una situazione del tutto diversa da una lezione universitaria in cui sono coinvolte le stesse persone.

Gli argomenti di discussione nelle due situazioni saranno probabilmente diversi, e così lo saranno i tempi e i luoghi ; e probabilmente saranno differenti i ruoli e i rapporti reciproci fra gli interlocutori. ” 155

L’ esempio di Fishman può servire a distinguere le relazioni sociali “transazionali” ( definite anche di tipo formale ) da quelle cosiddette “personali” ( di tipo “informale”).

Nelle situazioni transazionali l’ accento è posto sulle relazioni di ruolo esistenti tra i locutori , mentre nelle situazioni personali i parlanti non insistono sui rispettivi ruoli sociali quanto sui rapporti interpersonali, cioè si considerano come persone .

Naturalmente in situazioni “formali” si usa un registro linguistico di tipo “formale”, e così nel caso opposto il registro è informale, per cui una espressione può variare, lungo tutta una gamma di possibilità, dal registro estremamente formale a quello più informale possibile ( /Mi permetto di chiederle se non potesse spegnere la radio/ ; /Le dispiacerebbe spegnere la radio, per piacere ?/ ; /Spegni la radio !/ ; /Vuoi spegnere la radio o no ? / ).

Fishman ha introdottoli concetto di “situazione congruente” e “situazione incongruente”. E’ congruente quella situazione in cui gli elementi sono quelli che l’ aspettativa richiede, in base alle regole sociali esistenti, cioè in cui la relazione di ruolo è appropriata, e così sono il tempo e il luogo dell’ azione.

I suoi studi hanno anche riscontrato che i parlanti tendono a rendere il più possibile congruenti le situazioni comunicative, esprimendosi nel modo più confacente ai fattori ritenuti di volta in volta più importanti. Tendono cioè a rendere formale o informale una situazione, nonostante la presenza di elementi eterogenei.

Lo stesso sociolinguista ha anche ampliato il concetto di “situazione” , introducendo i “domini” ( o “sfere” ), ognuno dei quali comprende tipi simili di situazioni. Ad esempio vi sarà la sfere familiare, in cui utilizziamo generalmente il dialetto o almeno registri “informali” della lingua standard, e la sfera pubblica ( della scuola, del lavoro ), in cui la lingua standard , formale , è obbligatoria o almeno conveniente ad una appropriata comunicazione.

L’ atto linguistico costituisce l’ unità minima di studio, ma generalmente un’ interazione verbale è fatta di più atti linguistici concatenati, i quali vengono a costituire un “evento linguistico”. Anche nell’ evento linguistico dobbiamo distinguere un asse paradigmatico e un asse sintagmatico ; infatti ogni atto è in opposizione paradigmatica con tutti gli altri che avrebbero potuto comparire al suo posto, ed è in relazione sintagmatica con gli atti linguistici che lo precedono e lo seguono in quella precisa successione.

Si sono in questo modo studiate le “strutture sequenziali”, cioè gli schemi di concatenamento di certi atti linguistici con altri, ad esempio i dialoghi a domanda e a risposta, le conversazioni telefoniche, i convenevoli e le allocuzioni usate per rivolgere la parola.

La microlinguistica , ( detta anche “etno-metodologia” in quanto derivante dalla etnografia del linguaggio ) si è occupata di queste strutture con Halliday, che ha analizzato i tipi di saluto possibili, con Susan Ervin–Tripp , ed i suoi studi sul modo di rivolgere la parola ad altri in inglese, mentre Schegloff ha considerato le cosiddette “aperture di conversazione”.

Senza dubbio il saggio più famoso è quello di Erving Goffman sulla “struttura dello scambio riparatore”. 156 Con tale nome si indica appunto una “struttura sequenziale” mediante la quale si ristabilisce tra due persone un equilibrio precedentemente rotto dall’ azione di una delle due. Un classico esempio portato da Goffman è : A : “ Posso usare il suo telefono ? ” B : “ Certamente, faccia pure. ” A : “ E’ veramente gentile da parte sua. ” B : “ Non c’ è di che. ”

In questo modo il parlante A, che si accinge a invadere il campo riconosciuto a B, chiede a questi il permesso di compiere l’ azione ( prima battuta ) ; il secondo dimostra di accogliere la riparazione e concede il permesso ( seconda battuta ) ; allora il primo parlante ringrazia, compiendo un rinforzo di riparazione ( terza battuta ), inducendo B a terminare lo scambio dando atto della riparazione compiuta ( quarta battuta ).

La struttura classica di questo scambio comprende perciò quattro mosse ( chiamate da Goffman rispettivamente “Riparazione”, “Conforto”, “Apprezzamento”, “Minimizzazione” ), le quali ricorrono continuamente nella vita di ogni giorno, risolvendo tanti possibili incidenti fra individui. Molte volte bastano soltanto i primi due atti a determinare uno “scambio riparatore” , ma essi sono essenziali nell’ interazione linguistica quotidiana.

Così vi sono strutture precise ( i “saluti” ) che obbligatoriamente aprono e chiudono nella nostra lingua ogni conversazione , tanto che ricorrono anche nelle missive scritte , ed ogni scambio di battute al telefono segue un ordine preciso, difficilmente modificabile.

Dal punto di vista sociale è molto più grave infrangere le regole determinanti i turni di conversazione che commettere errori di grammatica, dal momento che il primo caso ci espone alla riprovazione sociale e all’ imbarazzo di non conoscere il nostro ruolo all’ interno della comunità.

Nascita della sociolinguistica

Abbiamo visto finora come lo studio del comportamento verbale sia stato precisato ed arricchito di elementi da queste scienze vicine alla linguistica, le quali situano un’ emissione verbale all’ interno di un complesso sistema di rapporti.

Ma recentemente, soprattutto nel corso dell’ ultimo decennio, anche la linguistica vera e propria si è enormemente modificata, utilizzando le generali categorie semiotiche di emittente , destinatario , canale , messaggio e codice . E, dovendo considerare tali fattori che entrano nella produzione del messaggio linguistico, occorre tener conto del contesto , comprendente le presupposizioni, le conoscenze, le intenzioni e i ruoli dei locatori, nonché molti altri fattori, tutti di tipo sociale .

Precedentemente si è visto come la linguistica strutturale e quella generativo-trasformazionale si sono proposte di studiare la lingua indipendentemente da ogni fatto sociale, da ogni rapporto con i parlanti e con l’ ambiente in cui essi agiscono.

Considerare ed analizzare il sistema astratto della lingua ( la “langue” di Saussure, la “competenza linguistica” di Chomsky ) è servito moltissimo a fare della linguistica una scienza estremamente avanzata e rigorosa nei propri metodi di studio, ma ha anche sviluppato un completo isolamento dalla sociologia e dalle altre discipline sociali.

Ha scritto Joshua Fishman : “ La linguistica si è tradizionalmente interessata al comportamento del tutto regolare e pienamente prevedibile : p di pin è sempre pronunciata aspirata dal parlante nativo inglese, mentre la p di spin non lo è mai : è questo il genere di relazioni completamente determinate che la linguistica ha tradizionalmente cercato e trovato … E’ chiaro che cosa implichi questo modo di vedere : la linguistica non si interessa a “cose che ora ci sono e ora non ci sono” ; essa descrive fenomeni che ricorrono, oppure non ricorrono, in modo del tutto determinabile. Quando venivano registrate altre situazioni di minore determinabilit{, ad esempio nell’ uso, queste venivano definite ‘extralinguistiche’ o ‘variazioni libere’, al di fuori del regno o del terreno centrale della linguistica propriamente detta . Da parte loro, le scienze sociali erano ( e rimangono ) sorprendentemente estranee al comportamento apparentemente invariabile. ”

La Sociolinguistica ( cioè lo studio della lingua considerata nella realtà sociale concreta ) è nata realmente come scienza negli Stati Uniti d’ America, alla fine degli anni ’50. Ciò non vuol dire che nel passato non si fosse mai considerato l’ aspetto sociale del linguaggio ; basta considerare le notevoli intuizioni dei francesi Antoine Meillet e Marcel Cohen, gli studi ( risalenti al 1935) di J. R. Firth su quella che egli chiamava “linguistica sociologica” , e tutta la feconda corrente europea della dialettologia e della geografia linguistica. Ma soltanto tra il 1955 e il 1960 si inizia realmente a parlare di sociolinguistica, per merito soprattutto degli studi antropologici americani e delle loro ricerche “sul campo” riguardo alle interazioni verbali ( essenziali per comprendere le strutture sociali e culturali di una comunità ). A poco a poco, come scrive P. P. Giglioli : “ Lo studio dei fenomeni linguistici si sta costituendo in maniera irresistibile, seppure ancora lenta, come uno tra i settori più affascinanti dell’ analisi sociologica ”.

Molti sociologi si sono avvicinati al linguaggio, tanto che si distingue a volte tra “sociolinguistica” e “sociologia del linguaggio”, quest’ ultima considerata affine ad altre specializzazioni sociologiche, come ad es. la sociologia dell’ arte. Le opinioni e le proposte sulla esatta definizione di questa scienza sono molto varie ; ad es. William Labov ha scritto : “ Mi sono opposto per molti anni al termine sociolinguistica , dato che esso implica che ci possa essere una teoria o una pratica linguistica efficace, pur senza essere sociale ”.

W. Labov, insieme a Dell Hymes e a J. Fishman, è tra i sociolinguisti statunitensi più rappresentativi e noti in Italia ; egli si è occupato soprattutto del mutamento linguistico e della comparazione tra stratificazioni linguistiche e posizioni sociali dei parlanti. Hymes è il maggiore esponente della cosiddetta “etnografia della comunicazione”, che studia gli eventi comunicativi nei suoi aspetti più ampi, mentre Fishman ha esperienza notevole di pianificazione linguistica e di politica linguistica in generale. Anche l’ Europa ha dato esponenti notevolissimi alla sociolinguistica ( basta ricordare nomi come Basil Bernstein, con i suoi studi sulla “deprivazione verbale” e Marcel Cohen ) ; in Italia poi, dalla celebre Storia linguistica dell’ Italia unita di Tullio De Mauro, l’ interesse sociolinguistico è aumentato in misura sempre maggiore.

E’ difficile definire il campo di questa scienza, dati i rapporti tanto diversi e complessi tra lingua e società. Fanno certamente parte del suo campo di indagine le varietà diacroniche e sincroniche della lingua, considerate in funzione della comunità linguistica e del sistema di valori che la sostiene ; i comportamenti linguistici e i fattori sociali che li determinano ; i componenti sociali di ogni atto verbale.

Recentemente, ( nel corso dell’ XI Congresso Internazionale dei linguisti tenutosi a Bologna e a Firenze ) il linguista Halliday ha indicato, tra i settori di ricerca della sociolinguistica, la demografia linguistica, lo studio della diglossia, del plurilinguismo e del pluridialettalismo, la pianificazione linguistica, la sociolinguistica dell’ educazione, il registro ( repertorio verbale e commutazione di codice ), i fattori sociali del mutamento fonologico e grammaticale, etc.

Comunque, secondo una famosa definizione “giornalistica” di Fishman, essa deve stabilire “ Chi parla quale varietà di quale lingua , quando , a proposito di che cosa e con quali interlocutori ”. Al che Gaetano Berruto aggiunge “ come , perché e dove ”.

Fishman ha anche mostrato quali differenze separino alla base la SL ( sociolinguistica) e la linguistica generativo- trasformazionale (LTG) :

“ Mentre la LTG si è interessata alla struttura sintattica priva di intenzioni comunicative, la SL si è concentrata sull’ appropriatezza comunicativa relativa a funzioni sociali diversificate. La LTG ha posto l’ accento su aspetti comuni innati, la SL lo ha posto su differenze socializzate (…….) Una ha cercato di raggiungere, al di sotto e al di là della lingua reale, la regolarità della struttura linguistica e di quella cognitiva dell’ uomo, che devono sottostare a tutte le irregolarità osservate dalla lingua quotidiana.

L’ altra si è concentrata, raccogliendoli sistematicamente, sui dati della lingua reale in quanto tale e ha dimostrato che la sua supposta “variazione libera” è profondamente strutturata, sia all’ interno (secondo cooccorrenze linguistiche che compongono la variet{) che all’ esterno ( secondo cooccorrenze situazionali funzionali e linguistiche ). ”

E’ impossibile dunque stabilire una lingua “omogenea”, che si rende accessibile mediante l’ esame della competenza di uno dei suoi parlanti nativi. La sociolinguistica non fa che sottolineare la varietà della lingua ; infatti essa cambia

  1.  attraverso il tempo,
  2.  attraverso lo spazio,
  3.  attraverso le classi e/o i gruppi sociali,
  4. attraverso le situazioni sociali.

Ad esempio, all’ interno di un codice “standard” come la lingua italiana, noi possiamo ritrovare un notevole numero di sottocodici specializzati e di “registri”, entrambi definiti come variet{ funzionali–contestuali del codice. Si chiama Sottocodice una varietà del codice lingua che possiede ( soprattutto a livello lessicale) una serie di corrispondenze, che si aggiungono a quelle generali del codice; inoltre è usata riguardo ad argomenti e sfere particolari.

Sono sottocodici le lingue tecniche e scientifiche, la lingua studentesca, la lingua politica, quella sportiva, le lingue di vari mestieri e professioni. Parte di queste varietà linguistiche hanno il nome di “linguaggi speciali” e, col termine più recente, “linguaggi settoriali”; su di essi sono state compiute un buon numero di indagini, perché la loro proliferazione continua è divenuta un fenomeno importante del linguaggio di oggi, dominato dai mass- media e dalla pubblicità.

Ognuno di noi è in pratica obbligato a possedere una certa “competenza” per un buon numero di questi linguaggi, che si ritrovano sulle pagine dei giornali, sui documenti burocratici, e nell’ attività lavorativa di ogni giorno, spesso con grave danno per la corretta comprensione dei messaggi.

Molte volte tali sottocodici ( come ad esempio i “gerghi”) sono considerati varietà sociali della lingua, in quanto sono impiegati da precisi gruppi sociali o classi socio-economiche della comunità, e vengono perciò sentiti come segno di coesione e di identità del gruppo corrispondente.

I registri si differenziano dai sottocodici per il fatto di utilizzare soltanto certi elementi del codice ; essi non sono dotati di un lessico specifico che li identifichi, presentando invece varianti soprattutto a livello fonologico e morfosintattico. Ad esempio nel registro “familiare” della lingua italiana si userà il “tu” invece che il “lei”, parole semplici e generiche ( “cosa”, “roba”, “affare” ) al posto del linguaggio specialistico, insomma un lessico di tipo “confidenziale” e “amichevole”.